Calabria

Sabato 30 Novembre 2024

Dopo l’eolico tocca all’agrivoltaico... Quale vocazione per la Calabria?

Due progetti “gemelli”, uno nel Catanzarese e l’altro nel Cosentino. Due distinte srl che hanno però la stessa sede legale (nel Bresciano) e lo stesso amministratore unico. Si tratta delle ultime richieste depositate per installare degli impianti agrivoltaici in Calabria, la nuova frontiera – dopo un ventennio di eolico – per chi investe nelle energie rinnovabili. Quello di fare delle regioni del Sud un «hub energetico» è un obiettivo che non si tenta più neanche di celare nei livelli decisionali del governo regionale e nazionale. A un certo punto, però, bisognerà che le classi dirigenti e chi vive sui territori si mettano d’accordo su quale vocazione debba avere una regione votata, a seconda delle necessità retoriche del momento, alle bellezze naturali, al turismo, all’agricoltura, alle produzioni agroalimentari locali e allo sviluppo industriale. E capire se tutto ciò possa andare di pari passo con una spinta sempre maggiore degli investimenti privati nello sfruttamento delle risorse naturali che il territorio offre. I due progetti, di cui si ha notizia dall’ultimo Burc, riguardano impianti agrofotovoltaici da installare in terreni agricoli di Botricello e San Marco Argentano: il primo per una potenza di poco più di 3 megawatt, il secondo di circa 2,2 mw. Essendo inferiori ai 10 mw i progetti sono stati presentati presso gli Uffici tecnici dei rispettivi Comuni con l’iter della Procedura abilitativa semplificata (Pas), per la quale vale il meccanismo del silenzio assenso: trascorso il termine di 30 giorni dalla presentazione della Pas senza riscontri o notifiche da parte del Comune è possibile iniziare i lavori. In teoria gli impianti agrivoltaici di ultima generazione dovrebbero far coesistere la produzione di energia pulita con l’attività agricola. Ma non mancano i dubbi di chi pensa che si tratti di una pratica che rischia di sacrificare sull’altare del profitto ampie porzioni di natura e paesaggio, senza dimenticare il sempre crescente consumo di suolo e i tanti edifici poco o per nulla utilizzati che potrebbero “ospitare” nuovi impianti. C’è inoltre un’ulteriore analisi critica sul tema e a proporla è stato il Rapporto Svimez 2023: si riconosce come sia «indispensabile accelerare la produzione delle energie rinnovabili» e che «il Mezzogiorno ha le risorse e le potenzialità per assumere un ruolo centrale», ma si rileva che affinché ciò avvenga «occorre superare l’idea del Mezzogiorno come mero hub energetico europeo, che è in contraddizione con il nuovo approccio europeo alle politiche industriali e soprattutto risulta miope rispetto agli obiettivi di autonomia energetica, competitività industriale e coesione territoriale».

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