Quella frattura storica che separa le due Italie non si è mai rimarginata. E l’Autonomia differenziata presto allontanerà definitivamente le due zolle del paese. Le contraddizioni di un Sud apparentemente dinamico (l’ultimo report Svimez rivela una crescita del Pil reale nel 2023 del +1,2%) fermentano in mezzo a una realtà immutabile che affiora chiaramente dall’ultimo report della Cgia di Mestre su “Lavoro nero e caporalato” che colloca la Calabria in testa alla graduatoria delle regioni per valore aggiunto prodotto dal lavoro irregolare con l’8,3%. In Italia, nessuno fa meglio. Il “buco nero” generato dall’economia sommersa ammonta a poco più di 2,5 miliardi di euro all’anno. La strada dell’occupazione passa, inevitabilmente, anche per quella dell’illegalità che ogni giorno strappa pezzi di vite umane attraverso lo sfruttamento. Il rapporto Bes conferma un dato allarmante: secondo l’Istat, in Calabria un lavoratore su cinque non è in regola. E secondo la Cgia, gli occupati non regolari ammontano a 117.400. Un esercito di donne e uomini sfruttati, «costretti ad attività lavorativa in palese violazione delle norme fiscali, contributive e in materia di sicurezza – è scritto nello studio della Cgia –, provocano un tasso di irregolarità del 19,6 per cento. Gli altri servizi alle persone è il settore che annida il maggior numero di irregolari: colf, badanti, baby-sitter. Tra i comparti più interessati dal lavoro nero c’è l’agricoltura.