La crisi sta deformando i linguaggi delle imprese e del lavoro. La cruna delle opportunità si restringe a causa di un generale dissesto strutturale dell’economia globale che sprigiona tensioni, soprattutto, in quelle aree già piegate da storiche fragilità. Il Mezzogiorno è la zolla più esposta alle correnti depressionarie che stanno svuotando tutti i contenitori delle disponibilità. La spirale dei processi involutivi declinanti dalla pandemia, prima, e dalle tensioni belliche, adesso, hanno sganciato il paese reale, e la Calabria, in particolare, da famiglie e imprese. L’imprenditoria, piccola, media, di genere, giovanile, tutta l’imprenditoria, insomma, vive con ansia il passaggio nel campo minato di una delle crisi più complesse del ventunesimo secolo. Uno scenario ostile che spinge le attività produttive verso campi minati che ne mettono a rischio la sopravvivenza. L’Italia è spezzata in due, uno squarcio che s’allarga se i riflettori si accendono sull’universo femminile. Il panorama livido è stato definito in un report, di Enrico Quintavalle, responsabile dell’Ufficio studi di Confartigianato imprese. Lo studio attraversa i cunicoli delle attività e dell’occupazione in rosa seguendo il tema: “Imprese e lavoro delle donne nell’era dell’incertezza. Tra il presente e il futuro al Femminile”. Numeri e tendenze presentate nelle scorse settimane a Roma che mostrano una Italia in ritardo nell’Unione Europea per tasso di donne occupate (53,4%) tra i 15 e i 64 anni. Solo due regioni (Valle d’Aosta e Provincia autonoma di Bolzano) superano la media continentale, le altre arrancano. La Calabria si muove lentamente in fondo alla graduatoria nazionale con il 35,7% di quote rosa (qui da noi appena una donna su tre lavora) e precede solo Sicilia e Campania in un Sud che è anche Sud dell’Europa con una media largamente inferiore a quella di Grecia e Romania, i paesi che precedono da vicino l’Italia. «L’emancipazione femminile – suggeriscono gli esperti di Confartigianato – ha bisogno di politiche per combattere le disuguaglianze di genere e di maggiori risorse a sostegno della conciliazione vita-lavoro per aumentare la partecipazione delle donne al mondo dell’occupazione».
Rosa pallido
Nel Mezzogiorno, la qualità della vita delle donne resta inchiodata a verdetti statistici impietosi. E in Calabria il gender gap è più marcato. Secondo Confartigianato, le donne occupate in attività indipendenti nella regione sono 36mila e rappresentano il 26,7% sul totale dei lavoratori che è la performance peggiore che si registra in Italia (la media del Mezzogiorno è del 29% mentre il dato nazionale sale al 32,0%). Rispetto al 2019, la Calabria fa 4 passi indietro e con un -9,2% nella variazione sul periodo osservato. Del resto, il tasso di occupazione e le aspettative di vita sono elementi che caratterizzano la storia passata e presente delle donne che vivono in questa nostra terra. Eppure, tutto il Mezzogiorno mostra potenzialità importanti sia sul fronte degli studi che delle competenze, con discreta capacità di fare impresa. Capitane coraggiose Ma in questa nostra terra si fatica a valorizzare le potenzialità finiscono per rimanere inespresse. Basti pensare, ad esempio, a quote rosa ancora poco determinanti nelle produzioni. Lo studio di Confartigianato mostra una Calabria con appena 44.309 insediamenti imprenditoriali in rosa a referto nel 2023, un dato che costituisce il 23,6% del totale delle imprese (poco meno di una attività su quattro è gestita da donne). Rispetto al 2022 si sono persi 70 insediamenti a conduzione femminile, con una variazione di -0,2%.