La “commissione”. L’inchiesta contro i narcotrafficanti cosentini rilancia l’idea della cosiddetta unitarietà della ‘ndrangheta. Non solo perchè nel campo della commercializzazione delle droghe le cosche reggine s’incrociano, pure in questo caso e a più riprese, con quelle dell’Alta Calabria ma per via delle confessioni di un collaboratore di giustizia: Roberto Presta. Non si tratta d’un pentito qualsiasi ma del cugino del padrino ergastolano di Roggiano Gravina, Franco Presta; il collaboratore è inoltre fratello del “reggente” dell’area dell’Esaro, Tonino Presta, condannato nel dicembre scorso dal tribunale di Cosenza a 23 anni e 10 mesi di reclusione per traffico di stupefacenti.
Roberto Presta, confessando crimini di vario genere e tirando in ballo parenti, amici e “compari” di ‘ndrina, conferma l’esistenza d’un “sistema” adottato dalle cosche per governare gli “affari” a Cosenza, Rende, Mendicino, Castrolibero, Casali del Manco, Bisignano e Montalto Uffugo. Presta, però, rivela un’altra cosa: «Con riferimento alla struttura della ‘ndrangheta, riferisco dell’esistenza di una commissione costituita dai referenti di tutte le province della Calabria. Per la parte cosentina fanno parte di questa commissione Gianfranco Ruà, Ettore Lanzino, Franco Presta, Francesco Patitucci, Renato Piromallo, Gigino Muto e Santo Carelli. La commissione si riunisce in posti diversi, anche in occasione di eventi “legali” quali, ad esempio, matrimoni, per discutere e definire strategie criminali anche in riferimento a vicende politiche e di potere in generale. Queste informazioni sono state riferite da Franco Presta a mio fratello Antonio Presta nel momento in cui quest'ultimo doveva subentrare a capo del nostro gruppo. A questi discorsi io ero presente». Millanterie o verità?
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