Riconosciuta l’esistenza dell’unitarietà della ‘ndrangheta. È quanto emerge dalla sentenza d’appello sulla maxi inchiesta Rinascita Scott. Si tratta del processo di secondo grado per gli imputati che avevano scelto di farsi giudicare con rito abbreviato e che lo scorso 30 ottobre ha portato alla conferma di 67 condanne. Le pene più pesanti sono stati inflitte nei confronti di Pasquale Gallone e Domenico Macrì, l’aspirante boss di Vibo, ritenuto il capo dell’ala militare della cosca Pardea-Ranisi, al 41 bis con 19 anni e 10 mesi da scontare. Assolti, invece, Michele Fiorillo detto “Zarrillo” per non aver commesso il fatto, Carmela Cariello perché il fatto non sussiste e Pasquale Tavella perché il fatto non costituisce reato, tutti condannati in primo grado. Confermata l’assoluzione dell’imprenditore e avvocato Vincenzo Renda.
Unitarietà «L’esistenza di un sistema unitario associativo e di regole comuni e gerarchie – scrivono i giudici la presidente Caterina Capitò, a latere Antonio Giglio e Carlo Fontanazza - non è in contrasto con le possibili guerre interne alle singole articolazioni, come non risulta in contrasto con l’unitarietà della ‘ndrangheta che alcuni gruppi criminali fatichino ad avere maggiore riconoscimento formale».
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