Alla fine tutto si ridurrebbe ad un colossale «equivoco» su 300 milioni in più di cofinanziamento chiesti (o presi) dal governo alla Sicilia. A 36 ore dalle prime “scintille” sui fondi per il Ponte sullo Stretto, l’asse forzista calabro-siculo Occhiuto-Siracusano prova a gettare acqua sul fuoco delle roventi polemiche innescate da Catanzaro-Reggio e, soprattutto Palermo. Il primo a rompere gli indugi è stato proprio il governatore calabrese: «Non trovo niente di strano se Calabria e Sicilia, in minima parte, per un decimo del finanziamento complessivo, contribuiscano alla realizzazione del Ponte sullo Stretto», ha detto Occhiuto ieri pomeriggio a margine dell’evento “Atreju”, la manifestazione annuale della destra italiana a Roma.
Giusto, quindi, il “minimo cofinanziamento” ma «a condizione che – ha aggiunto il governatore calabrese – il governo faccia recuperare le risorse del Fsc, come credo stia facendo, finanziando infrastrutture mai finanziate negli anni passati». Il riferimento è non solo ai 3 miliardi per la Statale 106, ma anche ai 2 auspicati per l’ammodernamento di tratti dell’autostrada Salerno-Reggio e ai 13,4 di investimenti messi in campo dal Gruppo Ferrovie in Calabria fino al 2032.
Sullo scacchiere c’è l’emendamento alla Legge di bilancio presentato dal governo, secondo cui a fronte della conferma dei costi previsti, le spese a carico dello Stato per il Ponte sullo Stretto vengono alleggerite di 2,3 miliardi, recuperando risorse attraverso il Fondo per lo sviluppo e la coesione in capo alle Regioni: 718 milioni arrivano dalla quota del fondo destinata alle amministrazioni centrali e 1.600 dalla quota per Calabria e Sicilia.
Un «contributo ragionevole» l’ha definito il vicepremier e ministro Salvini, di «scippo» hanno parlato fra l’altro le opposizioni e i sindacati. Schifani ancora ieri ha detto che l’operazione non sarebbe concordata con le due Regioni.
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