Non resta che pregare e sperare che tutto vada per il meglio. Nella Calabria definita dal meridionalista Giustino Fortunato «sfasciume pendulo sul mare», si guarda con estrema preoccupazione ai cambiamenti climatici in corso. Le recenti immagini arrivate dalla Toscana, ma anche le mareggiate che hanno colpito soprattutto il versante tirrenico delle province di Catanzaro e Cosenza, hanno riacceso la spia delle preoccupazioni in vista della stagione invernale. Un territorio così fragile rischia di pagare dazio alle ondate di maltempo particolarmente violente. Qui, come nel resto del Paese, si è costretti a fare i conti con decenni di noncuranza, di politiche “timide” nei confronti della tutela dell’ambiente e di una prevenzione che stenta a decollare. L’ultimo rapporto pubblicato dall'Istituto superiore per la ricerca e la protezione ambientale (Ispra) risale al 2021 ma è fondamentale per fotografare una situazione complessa. Tra frane, alluvioni, erosione costiera, non c’è settore dove la Calabria può ritenersi al riparo da sorprese sgradite. Lungo tutto il reticolo idrografico di questa regione, ad eccezione dei tratti per i quali sono stati eseguiti degli studi di livello avanzato, è stata definita una sorta di «fascia di rispetto per pericolo di inondazione». La copertura estremamente diffusa di tali superfici è ben visibile nelle mappe di pericolosità e spiega i valori piuttosto elevati delle aree “allagabili” associate a tale regione già a partire dallo scenario di pericolosità elevata. I dati presenti nel rapporto indicano che il 17,1 per cento delle aree “allagabili” è inserito in uno scenario di pericolosità elevata. Dentro tale perimetro - quello più a rischio - vive il 12,1 per cento della popolazione, pari a 236.707 abitanti, 92.184 famiglie e 89.118 edifici.
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