Se i tempi del verdetto verranno confermati, la sentenza arriverà a meno di quattro anni dal blitz del 19 dicembre 2019 che ha cambiato per sempre la storia della lotta alla ‘ndrangheta in Calabria. L’intera struttura formata da società, locali e ‘ndrine capaci di controllare non solo Vibo Valentia ma gran parte delle province calabresi e regioni in Italia e con ramificazioni in Svizzera e in Inghilterra, è crollata sotto i colpi dello Stato. Ci sono voluti oltre 3000 carabinieri che in tutta Italia hanno tratto in arresto 260 persone, notificato 70 ordinanze di arresti domiciliari e 4 divieti di dimora in Calabria. In stretta sinergia hanno operato i militari del Ros, del comando provinciale di Vibo Valentia e di Catanzaro, del Gis, del primo reggimento paracadutisti Tuscania, del Nas, del Tpc dei quattro squadroni eliportati cacciatori e dell’ottavo Elinucleo dei carabinieri e infine con il fondamentale supporto dei carabinieri delle stazioni.
Uno sforzo senza precedenti, basti pensare che le copie cartacee dell’ordinanza sono state stampate fuori regione dalla Zecca dello Stato e fatte arrivare di notte con alcuni camion scortati. La macchina organizzativa ha funzionato alla perfezione, tutti sono stati tratti in arresto, non c’è stato neanche un latitante. Colpita sia l’ala militare dei Mancuso che la loro holding finanziaria. Un “giano” bifronte capace di unire in sé l’asfissiante e brutale presa sul territorio vibonese e la capacità di riciclare i proventi illeciti nella city di Londra e fino in Bulgaria.
Il primo a finire in manette è stato proprio il super boss Luigi Mancuso (la sua posizione è stata poi stralciata dal maxi processo), fermato la sera prima su un treno che lo stava riportando in Calabria.
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