Nicola Gratteri lascia la Calabria per andare alla guida della Procura di Napoli dopo oltre 30 anni di carriera trascorsi in prima linea nella lotta alla ’ndrangheta. Un lungo cammino e una vita sotto scorta per proteggerlo dai piani di attentato delle cosche. Gratteri indossa la toga per la prima volta nel 1986 e da allora svolge funzioni in uffici giudiziari calabresi: prima come giudice al Tribunale di Locri, dove, dal 1991, inizia la sua carriera di pubblico ministero. Ruolo che svolgerà anche alla Procura di Reggio Calabria, dove nel 2009 diventerà procuratore aggiunto. Nel 2016 l’incarico direttivo di capo dei pm di Catanzaro.
Nel suo curriculum numerosissime e rilevanti indagini antindrangheta, tra le quali spiccano quella sulla strage di Duisburg del 2007 e la maxi-inchiesta, del dicembre 2019, denominata Rinascita Scott, arrivata dopo le operazioni Stige, Jonny (sulle infiltrazioni dei clan nella gestione dei centri d’accoglienza per migranti), Imponimento e la recente Glicine-Acheronte, ancora sulla cointeressenze tra clan e politica.
La sua esperienza nel contrasto alla criminalità organizzata viene definita «ampia e profonda» nel corso del dibattito al Consiglio superiore della magistratura, soprattutto nella sua dimensione nazionale e transnazionale. Di Gratteri, in particolare, nella delibera approvata ieri dal Csm si mette in luce «l’indiscusso valore», «l’assoluto rilievo dell’esperienza professionale maturata», il «prestigio di cui gode negli ambienti giudiziari e forensi, l’impegno e la passione spesi in modo costante nel lavoro giudiziario». E ancora: «l’esercizio ultratrentennale di funzioni inquirenti e requirenti nella materia del contrasto alla criminalità organizzata» di Gratteri, secondo Palazzo dei Marescialli, «palesa l’esistenza di una conoscenza vastissima e profonda dei fenomeni criminali e degli strumenti investigativi più efficaci».
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