Era buio e Parenti già dormiva quando dalle viscere della terra è risalito quel tremore improvviso. Un brontolio che ha svegliato anche Lorica, Camigliatello e parte di Donnici, la frazione più meridionale di Cosenza. Pochi secondi di paura ripensando all’apocalisse marocchina. Poi, la tranquillità recuperata a fatica dopo aver dato un’occhiata all’app dell’Ingv. L’energia liberata in Sila s’è fermata a 2,9 gradi Richter. Una magnitudo contenuta, soprattutto, perché lassù ci sono abituati. È come se, ogni tanto, la montagna si risvegliasse emettendo lamenti improvvisi. Un terremoto preceduto da altre due scosse, una venerdì sera (2,4 gradi alle 23.49). La seconda sabato mattina (2,4 gradi alle 12.30). Quindi, il mainshock delle 23.15, prima di un richiamo da 2.1 alle 23.47. In mezzo una dozzina di sismi strumentali, percepiti solo dai sismografi. È così che funziona il mondo compresso tra le fragili ossa di questa terra calabra, un mondo che non smette mai di scuotersi. I suoi scuotimenti s’affacciano in superficie, qualche volta sembrano minacciosi, qualche altra restano confinati nella spossatezza di statistiche che non assomigliano a niente.
Il geologo
Giulio Riga è uno scienziato indipendente di Lamezia Terme. Studia da anni le voci dei terremoti di tutto il mondo e mette insieme pubblicazioni che hanno come obiettivo la realizzazione di un modello universale di previsione degli epicentri. Entro dicembre pubblicherà i risultati di una indagine condotta su 201 eventi estremi che hanno colpito il pianeta. Attraverso un grafico polimetrico è riuscito a ricavare una indicazione praticamente certa della localizzazione della scossa. Uno studio che innescherà la nuova via di previsione a disposizione dei ricercatori di tutto il mondo. Riga ha letto i bollettini delle ultime ore e si sofferma, naturalmente, anche sui dati registrati Parenti. «La scossa da 2.9 ha chiuso praticamente il cerchio su una mini sequenza in una delle zone ad alto rischio sismico di tutta la Calabria. Quest’area è attraversata da due faglie attive: una è più a Nord, verso il lago Ampollino e l’altra è più a Sud, la faglia delle Vette che è di tipo trascorrente. Si tratta di una delle zone di maggiore stress della regione con una struttura sismogenetica che si presenta incurvata. Si definisce asperità, praticamente è una zona di blocco dove si sta accumulando energia e che va necessariamente monitorata. Ma sotto la lente bisogna tenere anche altre zone come il Pollino e quella a Sud di Reggio, nello spicchio di mare che s’allarga fino a Siracusa. Bisogna vigilare, non abbassare la guardia. Storicamente, tutti i terremoti con una magnitudo elevata si sono verificati nel semestre tra settembre e marzo. Nell’Italia meridionale, in questo momento si nota un preoccupante risveglio delle faglie in Irpinia. I Campi flegrei? È uno sciame che si muove a magnitudo crescente con scosse, purtroppo, superficiali. Gli esperti sono al lavoro per comprendere l’origine del rigonfiamento che si sta verificando nel territorio della caldera. Ci sono delle pressioni. Non dovrebbe essere magma, potrebbe trattarsi di flussi idrici che spingono sulla superficie. Il Marocco? Non è una novità in tempi recenti».
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