Gli ospedali in Calabria sono luoghi da cui poter partire per cercare di raccontare cosa sia realmente la sanità in questa terra. Un mondo in cui per entrare servono cuore e fantasia per non permettere alla rabbia di prevalere. C’è sempre qualcosa che non funziona, qualcosa che ci ricorda perché questo è il Sud del Sud dell’Europa. Una regione che spende di meno per garantire la salute perché in passato il sistema era diventato l’albero della cuccagna della politica. Una miniera d’oro che è stata prosciugata e oggi restano bilanci che si fatica a chiudere in mezzo a tredici inutili anni di commissariamento. Pochi soldi in cassa per assumere nuovo personale e per garantire luoghi di cura attrezzati. La protesta dell’Aned per la gestione dei dializzati all’“Annunziata” è solo uno dei tanti spigoli che il governatore-commissario Roberto Occhiuto sta cercando di smussare per garantire il diritto alle cure a tutti i calabresi. Ma non è facile perché qui la Sanità è in coda ovunque. E non solo nei lea, certificati già da tempo. Nelle ultime ore è arrivato un altro dato (elaborato da quotidiano sanità) che rischiara quanto sia fragile il sistema salute regionale. Una debolezza che si traduce nella ripresa della migrazione dopo il Covid. Ma, a differenza del passato, il viaggio del migrante in cerca di cure rischia di diventare un viaggio senza ritorno verso le nostre strutture sempre più intasate e meno accessibili, generando vorticosi aumenti della spesa a carico della Regione. Il rientro, in queste condizioni, non ha senso e diventerebbe una inutile illusione.
È inaccettabile che per una mammografia bilaterale “programmata” in una struttura pubblica in provincia di Cosenza possano passare tra i 63 e i 128 giorni, mentre il tempo di attesa in una struttura privata è pari ad un solo giorno. E ancora per una Colonscopia con endoscopio flessibile “programmata” si registrano tra i 147 e i 304 giorni negli ospedali pubblici (sempre in provincia di Cosenza) e un solo giorno nella struttura privata.
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