Quella della fuga dei laureati è «una questione nazionale» perché in Italia, dal 2012, c’è stato un trend crescente di «emigrazioni intellettuali» verso l’estero, un flusso in costante aumento che ha riguardato sia il Centro-Nord che il Sud del Paese. Ma le regioni settentrionali sono nelle condizioni di compensare questa consistente emorragia di “cervelli” perché ne attraggono altrettanti dal Mezzogiorno, dove invece la “fuga” fa mancare «forza lavoro qualificata» e, soprattutto, rende ancora più socialmente ed economicamente debole l’ultimo anello della catena dell’emigrazione intellettuale. È uno dei fenomeni più drammatici per la Calabria, da sempre fucina di intelligenze e di talenti che per scelta o per necessità vanno altrove, fotografato dal Rapporto Svimez 2023 di cui ieri sono state rese note alcune anticipazioni.
Negli ultimi 20 anni (2001-2021) sono circa 460mila i laureati che si sono trasferiti dal Mezzogiorno al Centro-Nord, per una perdita netta di circa 300mila laureati nell’area. Guardando alle migrazioni complessive, nello stesso periodo, il flusso migratorio dal Sud al Nord è rimasto sostanzialmente invariato: circa 100mila persone all’anno hanno lasciato il Mezzogiorno per trasferirsi in altre regioni italiane. Ma se si va a guardare il titolo di studio di chi è partito emerge come «sia cambiata la “qualità”» delle migrazioni. Tra il 2001 e il 2021 – si legge nelle anticipazioni del Rapporto – la «quota di emigrati meridionali con elevate competenze (in possesso di laurea o titolo di studio superiore) si è più che triplicata: da circa il 9 a oltre il 34%». In sostanza, dunque, nel 2021 su 100 emigrati dal Mezzogiorno oltre 34 possedevano la laurea, 30 almeno un diploma di scuola secondaria inferiore e 36 un diploma di scuola secondaria superiore.
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