Calabria

Lunedì 23 Dicembre 2024

Corigliano Rossano, le parole di “occhi di ghiaccio” e i casi riaperti dalla magistratura

I due cognati scomparsi. E le confessioni di “occhi di ghiaccio”. Nicola Acri, azionista e boss di Corigliano Rossano, s’è rivelato una miniera di preziose informazioni per i magistrati inquirenti della Dda di Catanzaro. Ai pubblici ministeri guidati da Nicola Gratteri ha raccontato i retroscena di molti fatti di sangue. Vicende delittuose relative al Crotonese e al Cosentino risalenti agli ultimi vent’anni. “Occhi di ghiaccio” ha parlato della strage di Strongoli della quale è stato diretto protagonista perché componente di un “commando” formato da sicari provenienti dall’area settentrionale ionica della Calabria incaricato di compiere la missione di morte nel quadro di accordi incrociati conclusi con le cosche operanti nel Cirotano. Nell’agguato compiuto il 26 febbraio del 2000 rimasero uccisi in via Miraglia, nel centro di Strongoli, Salvatore Valente, Massimiliano Greco e Otello Giarratano. E, con loro, un ignaro pensionato, Ferdinando Chiarotti, che era seduto su una panchina e fu la vittima “collaterale” del blitz mafioso. Uno dei componenti del gruppo di fuoco, Cosimo Alfonso Scaglione, di Castrovillari, aiutò i magistrati inquirenti dell’epoca a far luce sull’accaduto. E tirò in ballo come esecutori Franco Abbruzzese, capo della criminalità nomade di Cassano e Nicola Acri, boss di Rossano. Il processo, istruito dalla Dda di Catanzaro, approdò tuttavia alla sola condanna di Scaglione mentre sia Abbruzzese che Acri vennero poi assolti con sentenza definitiva. “Occhi di ghiaccio” con il suo pentimento pare abbia dato ai pubblici ministeri antimafia una ricostruzione storica precisa di quanto accadde quel giorno di febbraio di 23 anni fa consentendo la possibile riapertura del caso.. Ma Nicola Acri ha pure fornito elementi significativi dal punto di vista investigativo in relazione a un altro mistero riguardante, questa volta, l’area del Cosentino. Si tratta della scomparsa di Damiano Mezzorotolo e Annibale Alterino, due cognati di Cariati, svaniti nel nulla la mattina di venerdì 22 settembre 2005, mentre viaggiavano a bordo di una Bmw. I loro corpi e l’auto su cui si trovavano non sono mai stati ritrovati. Mezzorotolo è stato indicato, nel 2006, nell'ambito dell'inchiesta "Corinan" coordinata dalla Dda di Catanzaro, come il “capo” di un’organizzazione che controllava il traffico di stupefacenti tra Cariati, Calopezzati e Mirto Crosia. L’ex boss Nicola Acri, con le dichiarazioni rese nei mesi scorsi ai pm antimafia, ha consentito la riapertura del caso. “Occhi di ghiaccio” infatti ha raccontato - i verbali sono pubblici - di aver appreso dal capobastone di Cirò Marina, Vincenzo Pirillo, che fu lui ad aver ordinato l’assassinio di Mezzorotolo perchè pare che fosse intenzionato a uccidere e spodestare il boss di Cariati, Giorgio Greco. Il collaboratore di giustizia non ha però fornito indicazioni utili per giungere al ritrovamento dei resti di Mezzorotolo e del cognato Alterino. Svela però che Pirillo era intenzionato a far assassinare Giuseppe Spagnuolo, detto “u bandito” figura importante delle cosche cirotane con promanazioni pure nella zona del Basso ionio cosentino. Vincenzo Pirillo, tuttavia, non ne ebbe il tempo: fu ammazzato in un ristorante di Cirò Marina la sera del 5 agosto del 2007. Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Calabria

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