«È l'ora della corresponsabilità, perchè come dice Papa Francesco o ci salviamo tutti insieme o non si salva nessuno». Così il Vescovo Francesco Savino ieri mattina al campo base della Webuild Sirjo allo Scalo villapianese, per manifestare la sua personale solidarietà e vicinanza ad Aziende e operai che lavorano sul Terzo megalotto della costruenda Statale ionica, attenzionato dalla ‘ndrangheta. Nel giro di venti giorni sono stati incendiati due mezzi meccanici, un merlo sollevatore telescopio e un' escavatore parcheggiati in un cantiere sito sul lato nord del torrente Raganello, e la settimana precedente una gru cingolata che si trovava nel cantiere di contrada Fornara, sempre in agro di Cassano allo Jonio.
«Qui sono a rischio la civiltà e la democrazia», ha tuonato il vice Presidente della Cei. Che al suo arrivo al quartier generale dell’importante azienda è stato accolto come un padre, un salvatore da tecnici ed operai, e dall' ing. Salvatore Lieto Amministratore Delegato di Sirjo Scpa- Webuild Ss Jonica. «Siamo unici e irripetibili» ha chiosato il Vescovo, salutando il padrone di casa, l’ingegnere Lieto «con il quale è nato subito un dialogo amichevole e cordiale», il sindaco di Cassano Gianni Papasso, e quanti erano presenti, in tanti, all'iniziativa.
Poi citando il giudice Rosario Angelo Livatino assassinato dalla mafia su una strada provinciale di Agrigento, Savino ha detto: «Quando moriremo nessuno ci verrà a chiedere quanto siamo stati credenti ma credibili». E ancora. «Sono qui con gli amici di Libera, con gli Uffici Diocesani perchè sono preoccupato, sono indignato e non voglio arrendermi a chi vuole fare di voi dei sudditi, degli schiavi. Crediamo nella libertà, crediamo a chi serve il territorio e non a chi si serve del territorio», ha continuato tra gli applausi e la commozione generale l'alto presule bitontino.
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