«A disposizione» delle locali di ‘ndrangheta di Limbadi e San Gregorio d’Ippona, cioè dei Mancuso e dei Fiarè. È la pesante accusa che la Dda di Catanzaro ipotizza, nell’ambito dell’inchiesta “Maestrale-Carthago”, a carico di Cesare Pasqua, considerato per anni tra i dirigenti più influenti della sanità vibonese, già a capo del dipartimento Prevenzione dell’Asp nonché padre dell’ex consigliere regionale Vincenzo. Indagato a piede libero, accusato tra le altre cose di concorso esterno in associazione mafiosa, «pur non essendo inserito stabilmente nel sodalizio criminale» al centro dell’indagine, avrebbe fornito, secondo la Procura antimafia, un «concreto, specifico e consapevole contributo al medesimo, quale Pubblico Ufficiale di riferimento dell’organizzazione criminale nell’Asp di Vibo Valentia». In cambio Pasqua avrebbe ottenuto «protezione mafiosa per la risoluzione di problemi e, in occasione di competizioni elettorali che vedevano candidato il figlio Pasqua Vincenzo (non indagato, ndr), l’appoggio elettorale, in favore di questi, delle cosche di ‘ndrangheta da lui agevolate».
L’Azienda sanitaria provinciale, secondo l’accusa, sarebbe stata asservita, «mediante abuso e mercimonio della funzione pubblica ricoperta» dal dirigente sanitario, alle «esigenze dell’organizzazione, consentendo alla criminalità organizzata vibonese di infiltrarsi negli affari di proprio interesse». Pasqua, insomma, sarebbe intervenuto in favore dei clan Fiarè e Mancuso «in occasione di problematiche burocratiche sorte nell’ambito di procedure amministrative di competenza dell’Asp ovvero di controlli e/o sequestri amministrativi posti in essere nei confronti di imprese di interesse delle cosche».
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