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Cosenza, il boss Roberto Porcaro è pronto a collaborare?

Trasferiti alcuni congiunti dell’uomo incriminato nella maxinchiesta “Reset” e condannato a 20 anni per droga

Roberto Porcaro

La vita scandita dallo sbattere dei cancelli, ritmata dal vociare confuso degli altri detenuti, intristita dalla saltuarietà dei contatti con le persone amate. Il penitenziario è una esperienza dura da sopportare: Raffaele Cutolo, che vi ha vissuto quasi tutta la vita e c’è pure morto, ripeteva - usando un vecchio brocardo della malavita - che il “carcere mangia gli uomini”. Resistere è difficile per tutti: dai boss fino ai picciotti. E quando si è reclusi in regime di 41 bis sopportare sbarre e brande diventa ancora più difficile.
Roberto Porcaro, braccio destro del boss di Cosenza e Rende, Francesco Patitucci, è detenuto dal primo settembre scorso per effetto della maxinchiesta “Reset” condotta dalla procura distrettuale, diretta da Nicola Gratteri, contro le cosche “confederate” bruzie. Per il procuratore aggiunto Vincenzo Capomolla e i pm antimafia Vito Valerio e Corrado Cubellotti, Porcaro sarebbe stato a capo di uno dei gruppi operanti nell’area urbana cosentina. Un ruolo riconosciutogli per i servigi resi e per la fedeltà mostrata a Patitucci. L’arresto del boss, confermato poi dal Tribunale della libertà di Catanzaro, è stato seguito da una prima condanna a 20 anni di reclusione intervenuta per via di un’altra indagine - questa volta condotta dalla Dda di Reggio guidata da Giovanni Bombardieri - riguardante un lucroso traffico di sostanza stupefacenti intessuto con la complicità dei “compari” della piana di Gioia Tauro.
Qualche giorno fa - vox populi vox dei - i congiunti più stretti di Porcaro sono stati invitati a lasciare Cosenza per essere sottoposti a misure urgenti di protezione. Qualcuno di loro pare non abbia accettato di buon cuore la proposta, mostrando pubblicamente il proprio disappunto. Da qui la diffusione della “voce” d’una possibile collaborazione con la giustizia dell’esponente di punta della “confederazione” criminale cittadina. Impossibile ottenere conferme (come è giusto che sia) sulla veridicità della scelta fatta dall’illustre imputato. La “voce” tuttavia s’è sparsa in un batter d’occhio in tutti gli ambienti: d’altronde è accaduto spesso in passato in situazioni del genere.

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