Un finanziere e un sacerdote, anche loro coinvolti nell’inchiesta ed entrambi destinatari di un mandato di custodia cautelare ai domiciliari. Il militare della Fiamme Gialle è Salvatore Tosto, 49 anni, di origini siciliane ma gioiese d’adozione dopo aver sposato una donna del posto, la parrucchiera Claudia Paolillo, anche lei indagata, conosciuto con il diminutivo di “Salvo” ma, soprattutto, noto a tutti per le battaglie contro i miasmi del depuratore consortile insieme al comitato di quartiere Fiume, di cui era stato anche presidente, e per essere stato sempre molto dinamico nel sociale. A suo carico l’accusa di rivelazione di segreti d’ufficio, con l’aggravante dell’agevolazione mafiosa in favore della ’ndrina Piromalli.
A “inguaiare” Tosto, in servizio alla Compagnia di Palmi, è proprio la moglie Claudia allorché, il 5 gennaio 2021, si reca presso la frutteria dei Romagnosi, considerati da sempre molto vicini ai Piromalli, per veicolare un messaggio a Cosimo Romagnosi, classe ’83, per gli inquirenti tra i sodali più attivi e alle dirette dipendenze di Aurelio Messineo, considerato il “luogotenente” del boss Pino Piromalli. Incontro ripreso dalle telecamere di video sorveglianza e captato da intercettazioni ambientali. Gli investigatori colgono fin da subito la delicatezza dell’argomento che i due avrebbero trattato, perché la donna fa intendere a Romagnosi di uscire dal negozio per parlare. Senza mezzi termini, Paolillo riferisce al suo interlocutore che avrebbe dovuto prestare molta attenzione perché era indagato e perseverando in quei comportamenti avrebbe rischiato guai giudiziari. Nelle trascrizioni delle intercettazioni, viene riportata prima la Paolillo: «Mi posso permettere di dirti una cosa? Però mi devi guardare… te la dico perché ti voglio bene… stai attento e… non aggiungo altro… stai attento…. basta… tu sai… apri gli occhi e stai attento non ti cacciare in casini… non frequentare brutta gente, non mi fare dire parole in più… ti dico questa cosa perché ti voglio bene Cosimo… stai attento… va bene? Tu sai… te lo dico perché ti voglio bene davvero… altrimenti non mi sarei permessa…». La vicenda prosegue il giorno successivo quando Romagnosi, compreso il tenore del messaggio ricevuto dalla Paolillo, commenta l’accaduto con Messineo illustrando che un finanziere tramite la moglie si sarebbe premurato di metterlo a conoscenza che esisteva un’indagine a suo carico. «Ieri mi è arrivata l’imbasciata di un finanziere… di fare attenzione… gli ho detto “attenzione di cosa”? Mi ha detto “ti voglio bene…”. Me lo ha detto la moglie… però l’ha mandata lui… perché c’è stato un episodio una mezz’ora prima». Infine, l’8 gennaio si verifica un incontro davanti al negozio dei Romagnosi tra Cosimo Romagnosi e lo stesso Tosto: l’indagato, pur con la massima cautela e senza sbilanciarsi, si sarebbe dimostrato a conoscenza della circostanza, ovvero che una persona lo avrebbe avvisato di «certe cose» e non si sarebbe mostrato né stupito né avrebbe chiesto delucidazioni, invitando anch’egli Romagnosi alla cautela al pari di quanto fatto dalla moglie.
Il sacerdote indagato è invece don Giovanni Madafferi, parroco di Santa Maria Assunta, a Castellace, frazione aspromontana di Oppido Mamertina, che secondo l’accusa avrebbe assecondato dietro pagamento di 300 euro («gliel’ha fatta il prete, 300 euro ha voluto») la richiesta di rilascio di un certificato falso in favore di una persona vicina ai Palaia di Rosarno che voleva essere ammessa a un corso di catechesi finalizzato ad ottenere una dichiarazione di comodo da presentare in maniera strumentale all’autorità giudiziaria, chiamata a decidere in merito alla misura alternativa alla detenzione dell’affidamento in prova ai servizi sociali. Al prete è contestato il reato di false attestazioni in atti destinati all’autorità giudiziaria in concorso con Rocco Delfino “u rizzu”, il figlio Salvatore, e il rosarnese Francesco Benito Palaia. La vicenda ha inizio da una conversazione registrata il 27 febbraio 2021 tra Rocco Delfino e Palaia.
La Diocesi di Oppido Mamertina-Palmi, in una nota, esprime «rammarico per l’accaduto» e «confida nell’operato della magistratura». Il vescovo, si fa rilevare, «ha già adottato nei confronti del sacerdote i provvedimenti previsti in questi casi dal Codice di Diritto Canonico».
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