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Mattarella e i pescatori di Cutro: due lampi nel buio dell’umanità

L’assenza di Meloni e il silenzio del governo

Grazie al presidente Sergio Mattarella. Di fronte al dramma di un’umanità dolente, la visita a Crotone del Capo dello Stato rappresenta uno spiraglio di luce. L'incontro con i sopravvissuti, l'abbraccio ai parenti dei naufraghi morti nella tragica traversata, la visita ai sei bimbi ricoverati in ospedale, resteranno scolpiti per sempre nella memoria collettiva dei calabresi.
Nel capoluogo pitagorico, spesso ultimo nelle classifiche che misurano la qualità della vita, Mattarella ha ricordato - persino con i suoi silenzi, questi sì significativi - il riconoscimento della dignità umana e il richiamo ai princìpì dei doveri di solidarietà, peraltro sanciti dalla Costituzione.
Già, la solidarietà. In questi giorni così turbolenti l’abbiamo vista praticare in modo tangibile alla cittadinanza di Cutro e Crotone: come spiegare altrimenti il gesto di alcuni pescatori del luogo che non hanno esitato a buttarsi in mare per provare a salvare la vita di qualche migrante? E come giudicare la catena messa in piedi da associazioni e singoli attivisti per offrire il proprio contributo? Gesti nobili che stridono con l'assenza della premier Giorgia Meloni. A 5 giorni dalla tragedia, la leader di destra-centro, non ha avvertito (così come il ministro leghista Matteo Salvini) l’obbligo di arrivare sui luoghi del disastro e si è fatta sentire con un generico richiamo all'Europa a cooperare, perdendo l’occasione per aprire una discussione vera su un tema di estrema rilevanza.
Nel silenzio risuonano ancora sinistre le esternazioni dell’attuale titolare del Viminale, capace di pronunciare parole di condanna verso la disperazione che spinge i migranti a gettarsi in mare aperto. Emerge in questa vicenda tutta la distanza esistente tra i calcoli politici di nuovi nazionalismi impregnati di egoismo e la realtà che impone azioni concrete a difesa dei più deboli. Ecco perché la visita di Mattarella è andata oltre la valenza simbolica e ne ha assunto anche una politica. Cioè quella che, al di là del colore della maggioranza di governo, esistono regole imposte dalla democrazia insuperabili e intangibili. Aiutare chi fugge è un dovere, richiedere all’Ue una condivisione negli sforzi da sostenere per l’accoglienza lo è altrettanto. È chiamata a muoversi su tali direttrici l’azione di una politica conscia dei tempi attuali.
Il resto dovrà farlo la magistratura. Troppa nebbia aleggia ancora su come ha operato la catena dei soccorsi, molte domande restano senza una risposta. Cinque, quasi sei, le ore passate tra la prima segnalazione di un aereo Frontex e l’avvio dell’evento Sar da parte della Guardia di Finanza, giusto pochi minuti prima che il caicco affondasse. In mezzo ci sono tutte le comunicazioni - confusionarie per non dire contraddittorie - tra Frontex, Fiamme Gialle e Guardia costiera. Si potevano salvare molte persone presenti su quell'imbarcazione spezzatasi in prossimità della costa?
Il disastro si è consumato a poca distanza da dove tuttora si erge l’antico tempio di Hera Lacinia, la dea protettrice della fertilità e delle nuove nascite. Un ossimoro, forse una nemesi rispetto a quanto successo. Molti, negli ultimi giorni, hanno ricordato la struggente poesia “Mare nostro” di Erri De Luca. Il “Mare nostro”, sostiene l'autore, è disseminato di naufraghi e di annegati, terra di sepoltura per esuli e vite disperse. Un cimitero sacro che accoglie tutti coloro che sono stati traditi dalla vita. Così come è capitato alle vittime innocenti afgane, pakistane, siriane, salpate dalla costa turca con in tasca il sogno di un'esistenza migliore.

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