La grande fuga. La Calabria lentamente si spopola, i giovani cercano fortuna e lavoro in altre regioni e all’estero. Il rapporto della Fondazione Migrantes sugli italiani nel mondo presentato all’Unical fotografa quanto sta accadendo negli ultimi anni. Un dato: nel 2022 sono partite per raggiungere nazioni straniere 3417 persone (1901 uomini e 1516 donne). Monsignor Francesco Savino, vicepresidente della Conferenza episcopale italiana con delega al Mezzogiorno, che è stato tra i presentatori dell’importante ricerca nell’ateneo di Arcavacata, spiega: «I flussi migratori verso l’estero sono “malati”, perché unidirezionali: si parte per necessità e non si ritorna più». E aggiunge : «Il flusso del nostro tempo è diverso da quelli del Dopoguerra perchè all’epoca partivano uomini e donne con titoli culturali inferiori e destinati ad essere erano manodopera: ora, invece, vanno via quelli che hanno una laurea. Ciò significa che il Sud viene espropriato di talenti e di capitale umano per cui ci impoveriamo e arricchiamo regioni già dotate come Lombardia e Emilia, oppure Germania e Svizzera, solo per fare alcuni esempi». I calabresi residenti all’estero sono 437.447. Tanti. Il “dolore” della emigrazione è raccontato negli scritti di tantissimi autori contemporanei e del secolo scorso: da Francesco Perri a Saverio Strati, passando per Corrado Alvaro, Leonida Répaci, Fortunato Seminara, fino ad arrivare a Mimmo Gangemi, Carmine Abate, Domenico Dara e Gioacchino Criaco. Complessivamente - secondo il “Rapporto” - dal 2006 ad oggi la presenza degli italiani all’estero è progressivamente cresciuta passando da 3,1 milioni a oltre 5,8 milioni. Monsignor Savino sottolinea: «Il flusso migratorio degli italiani all’estero è superiore al flusso immigratorio». È vero. Il problema più grande riguarda però i giovani. È da tempo che i giovani italiani non si sentono ben voluti dal proprio Paese e dai propri territori di origine e sono sempre più spinti a cercar fortuna altrove. «La via per l’estero si presenta loro» si legge nel Rapporto «quale unica scelta da adottare per la risoluzione di tutti i problemi esistenziali (autonomia, serenità, lavoro, genitorialità, ecc.). E così ci si trova di fronte a una Italia demograficamente in caduta libera. C’è una popolazione giovane che parte e non ritorna, spinta da un tasso di occupazione dei giovani in Italia tra i 15 e i 29 anni pari, nel 2020, al 29,8% e quindi molto lontano dai livelli degli altri paesi europei e con un divario, rispetto agli adulti di 45-54 anni, di 43 punti percentuali».
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