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Cutro, «un clan rapace, vessava villaggi e imprese»

La requisitoria dell’accusa al processo d’appello scaturito dall’inchiesta Malapianta contro la cosca della frazione San Leonardo

Una cosca «rapace» e «vorace» capace non solo a vessare i villaggi turistici della costa ionica crotonese, ma pure di mettere alle corde le attività commerciali lungo il litorale delle province di Crotone e Catanzaro oltre che radicarsi in Umbria. Ieri il pubblico ministero della Dda di Catanzaro Andrea Bulzelli, applicato alla Procura generale, ha ripercorso davanti alla Corte d’Appello di Catanzaro lo scenario accusatorio delle due inchieste unificate “Malapianta”-“Infectio” che, tra maggio e settembre 2019, con due operazioni distinte, una condotta dai Finanzieri e l’altra dalla Polizia, misero all’angolo la locale di ‘ndrangheta dei Mannolo-Zoffreo-Trapasso-Falcone di San Leonardo di Cutro.
Al termine di oltre due e di requisitoria, il magistrato che ha rappresentato in secondo grado la pubblica accusa ha chiesto al collegio giudicante presieduto da Loredana De Franco di confermare tutte le 43 condanne – per circa quattro secoli di carcere – come inflitte il 24 maggio 2021, nel procedimento abbreviato di primo grado dal giudice per udienze preliminari del Tribunale di Catanzaro.
Tra le pene inflitte in primo grado di cui ha chiesto la conferma il magistrato applicato alla Procura generale spiccano ad esempio, i 20 anni di carcere inflitti a carico di Mario Mannolo, Fiore Zoffreo e Pasquale Gentile, così come i 19 anni e 10 mesi che vennero comminati a Giuseppe Mannolo oltre ai 9 anni e 4 mesi nei confronti del collaboratore di giustizia Dante Mannolo, figlio del boss Alfonso (per lui 30 anni di carcere nel processo di rito ordinario).

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