Il pesce che nessuno vuol...vendere. Nella cittadina calabrese rimasta “feudo” del boss Franco Muto per quarant’anni, è stato ottenuto un piccolo record negativo: il Comune per quattro volte ha bandito la gara per l’affidamento del mercato ittico all’ingrosso e al dettaglio senza mai riuscire ad assegnarla a un vincitore. La ragione? In tre casi le gare bandite a più riprese sono andate deserte, in una occasione, nel 2016, la cooperativa di pescatori che intendeva gestire la struttura e il servizio è stata doverosamente bloccata per effetto di una interdittiva antimafia. Oggi la struttura costruita per ospitare il mercato ittico è chiusa. L’ultimo bando risale al 26 luglio del 2021. È singolare che nel paese del padrino passato alla storia criminale e giudiziaria calabrese come il “re del pesce”, non si riesca a far funzionare un servizio che renderebbe la vendita del pescato più impermeabile rispetto a possibili condizionamenti mafiosi.
Franco Muto, negli anni 90, è stato condannato perché ritenuto mafiosamente egemone del settore della commercializzazione del pesce. Il capobastone e la moglie, Angelina Corsanto, finirono a giudizio per effetto di una indagine - la prima del genere condotta in Calabria - istruita dalla squadra mobile di Cosenza (all’epoca diretta da Luigi Carnevale). Una indagine che portò al rinvio a giudizio e poi alla condanna del “patriarca” cetrarese.
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