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Droga al porto di Gioia Tauro. Come a “guardie e ladri” tra chat, sms e telefonate

Nelle intercettazioni decine di episodi di avvistamento. "E' pieno di finanzieri"

Il porto di Gioia Tauro

"Cani lordi ’ncappucciati": è con questo appellativo, “cani”, che i portuali “infedeli” incaricati dalle ’ndrine di intercettare, dietro lauti compensi, le partite di droga provenienti dal Sud America, indicavano con spregio i militari della GdF che pattugliavano costantemente l’area portuale battendola palmo a palmo.

Il dato emerge dall’ordinanza di custodia cautelare eseguita giovedì scorso dalle Fiamme Gialle, su input della Dda di Reggio: in uno dei sopralluoghi effettuati per recuperare un carico di coca nel piazzale, i portuali Zambara e Bagnoli dall’alto degli SC (Straddle Carrier) su cui si trovavano, addirittura documentavano con delle foto trasmesse ai sodali nella chat di gruppo la presenza delle forze dell’ordine a presidio dei container. Ciò allertava talmente il gruppo che, dall’esterno, Francesco Giovinazzo, nipote di Salvatore Copelli, ricoprendo un ruolo di responsabilità nei confronti della “squadra” di operai, li invitava a rinunciare all’azione mettendosi in un luogo sicuro, ponendo l’accento sull’importanza rivestita dai portuali per il prosieguo degli affari, e pertanto sulla necessità che questi preservassero la loro incolumità («Vi siete spostati… vi siete messi al sicuro… che a noi la cosa principale siete voi... e la vostra incolumità… tutti noi sappiamo il vostro valore e che non vi fermate davanti a nulla! Ma la prima cosa è portare la pelle sana a casa diversamente abbiamo perso tutti»).

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