Calabria

Lunedì 29 Aprile 2024

Filt Cgil e Uiltrasporti: "Il porto di Gioia Tauro non è tutto ’ndrine e coca"

Il porto di Gioia Tauro

L’inchiesta contro il narcotraffico della Procura antimafia reggina e il conseguente maxiblitz della GdF che ha visto scattare i braccialetti ai polsi per una dozzina di portuali “infedeli” organizzati in vere e proprie squadre, in grado di trasbordare ingenti carichi di cocaina provenienti dal Sud America eludendo i controlli grazie anche alla complicità di un funzionario delle Dogane corrotto, ha inevitabilmente catapultato nel tritacarne mediatico una delle realtà produttive più importanti del Mediterraneo. Ma Gioia Tauro è davvero soltanto il porto dei narcos e della coca o è soprattutto una comunità di lavoratori onesti e tra i più efficienti del settore che si spezza la schiena macinando volumi record? Nel silenzio più assoluto della politica, dei rappresentanti istituzionali, della cosiddetta società civile e anche di parte delle sigle sindacali, che non hanno proferito verbo per commentare un’operazione di simile portata, abbiamo posto la domanda a due rappresentanti del sindacato che di porto ne hanno sempre masticato: Nino Costantino, segretario regionale della Filt Cgil, e Peppe Rizzo, segretario generale di Uiltrasporti Calabria. «Chi dice che Gioia è il porto dei narcotrafficanti vuole solo il suo male perché così non è – afferma Costantino –. In ogni porto, essendo infrastrutture di entrata e uscita, transita la merce e, purtroppo, anche la droga. La ’ndrangheta c’è ed è quella che bisogna colpire, i lavoratori e il sistema sano del mondo del lavoro vanno sostenuti. Il punto vero è costruire una rete di garanzie e di tutela in grado di sconfiggere questo fenomeno o di limitarlo il più possibile. Vuol dire dotare il territorio, soprattutto il retroporto, di una capacità industriale che fino adesso è mancata. Ciò farebbe crescere anche socialmente la Piana mettendoci nelle condizioni di avere un vaccino». Vale ancora il principio che il lavoro sconfigge il malaffare? Eppure i portuali “infedeli” un posto sicuro e ben remunerato lo avevano… Gli operai che fanno questo “mestiere”, che si prestano alle cosche per portare fuori la droga – rimarca il segretario della Filt – non sono operai, sono persone che evidentemente hanno scelto di vivere in un altro modo, che non vivono con il valore del lavoro ma con altri disvalori che non appartengono alla stragrande maggioranza dei lavoratori portuali. Ma c’è un altro elemento in più: che lo stesso procuratore Bombardieri dice che il sistema è sano e noi tutti dobbiamo essere in grado di sostenere lo sforzo che sta facendo questo magistrato, che si è distinto per operazioni importanti e mirate; aggiungo che, siccome non è malato, può essere trainante per creare sviluppo nella Piana di Gioia e in Calabria. Mct – dice ancora – non è un’azienda malata, per fortuna che c’è Mct a Gioia Tauro! I 2mila portuali sono per la maggior parte persone serie, poi ci sono 20-25 che non hanno a che fare con il sistema del lavoro, hanno scelto un’altra via, un altro meccanismo che non è il nostro, come sindacato e lavoratori». Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Calabria

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