Il fumo della ciminiera della torrefazione è il segnale dell’immediata ripresa. La “Caffè Guglielmo” riparte dopo l’incendio di matrice dolosa innescato nelle prime ore di giovedì mattina. I titolari dell’azienda avevano da subito dimostrato l’intenzione di non piegarsi all’inquietante messaggio di cui in queste ore i carabinieri della Compagnia di Soverato stanno cercando di decifrare il significato. «Continuiamo a lavorare - il commento del presidente della Guglielmo Caffè, Roberto Volpi - non ci siamo mai fermati. I dipendenti sono stati disponibili fin da subito».
Le indagini si muovono senza concentrarsi su un’unica pista e dai primi rilievi effettuati dai militari emergono gli elementi che incrociano le prime tesi formulate dai Vigili del fuoco intervenuti poco prima delle 5.30 del mattino di giovedì. Ad allertarli un lavoratore dell’azienda che si preparava a iniziare il turno mattutino, il primo a scorgere le fiamme tra i capannoni. Ciò che è certo è che l’innesco è avvenuto a distanza. L’ipotesi più accreditata è che possa essere stato utilizzata una pistola lanciarazzi simile a quelle in dotazione per le segnalazioni delle imbarcazioni. Si spiegherebbe così la mancata rilevazione al momento di presenze sospette nell’area adiacente lo stabilimento situato a Copanello di Stalettì, nei minuti immediatamente precedenti lo scoppio dell’incendio, che, però, ancora deve essere confermata dall’analisi di tutti i filmati dei diversi dispositivi di video sorveglianza che si stanno visionando in queste ore. A condizionare le intenzioni di chi ha direzionato il materiale infiammabile una catasta di legno e la presenza di pedane ben visibili dall’esterno della struttura che potrebbe aver guidato il piano probabilmente pianificato nei giorni precedenti, facendo partire l’innesco da una collina alle spalle dell’azienda.
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