Mappate tutte le coste della Calabria. Passate al setaccio migliaia di chilometri quadrati di terreni apparentemente vergini, poste sotto sequestro attività non in regola con la normativa vigente in materia ambientale, bloccati scarichi di veleni da Nord a Sud della regione, scandagliati interi corsi d’acqua, analizzati fondali ed acque marine nei punti nevralgici della Calabria. Posti sotto sequestro numerosissimi depuratori inadeguati ed intasati di fanghi, utilizzate sofisticatissime apparecchiature per scoprire le fonti d’inquinamento del mare calabrese, facendo leva anche su esperti della Stazione zoologica Anton Dohrn. Scattate decine di arresti e centinai di denunce.
Generale Pietro Salsano, lei ha coordinato tre importantissime operazioni contro l’inquinamento, a tutela dell'ambiente e della salute del mare... Cosa avete trovato?
«Una situazione di degrado ambientale abbastanza diffusa sull’intero territorio calabrese».
È sufficiente l’azione repressiva per poter scommettere su un ambiente più sano e un mare più pulito?
«Decisamente no! Come sempre, l’azione repressiva è una sorta di fasciatura su una ferita che continua a sanguinare. Occorre un’azione coordinata che coinvolga in modo condiviso ogni settore della società civile, a partire da un’educazione ambientale che, a mio modesto avviso, dovrebbe essere inserita nei programmi didattici sin dalla scuola primaria».
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