L'assoluzione dell'avvocato Pino Mammoliti dall'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa è arrivata all'ora della processione del venerdì santo. Il minimo, per un personaggio come lui, talmente romanzesco da poter rappresentare il collega ideale del Guido Guerrieri, protagonista della fortunata saga partorita dalla penna di Gianrico Carofiglio.
Una storia iniziata a metà degli anni ‘60, col bambino che ogni giorno regalava la sua merenda al compagno di scuola meno abbiente, anche a costo di fare arrabbiare il compianto papà Franco, che ricordava molto bene gli anni della gavetta, quando un panino era il pranzo dell'intera giornata. Ma per Pino era naturale farlo, perché non era giusto che ci fossero bambini talmente poveri da non potersi permettere la merenda a scuola.
Col tempo scoprì che quella non era l'unica ingiustizia che avrebbe incontrato nella vita. Anzi, capì ben presto che il mondo ne era pieno. Fu allora che decise che da grande avrebbe fatto l'avvocato penalista, per difendere chi cercava giustizia ma trovava la legge. E per aiutare intere classi di diseredati decise di impegnarsi in politica. Appena maggiorenne fu considerato l'enfant prodige di una Democrazia Cristiana ancora in piedi, prima del ciclone di Tangentopoli. Insofferente al gioco delle correnti e refrattario al potere di condizionamento dei notabili di partito, si rivelò talmente autonomo da apparire come una scheggia impazzita. Fin da subito sembrò che a ispirare la sua azione politica fosse Robin Hood piuttosto che don Luigi Sturzo.
Sfuggiva a ogni controllo e a ogni classificazione, il brillante studente che sarebbe ben presto diventato avvocato. Tanto intelligente, capace e lucido quanto politicamente incostante fino a diventare inaffidabile, al punto che per molti rappresenta una grandissima risorsa mai completamente spesa. La sua storia politica è fatta di slanci di passione, iniziativa e inventiva, ma è anche inframmezzata da delusioni, dimissioni, abbandoni. Quanto basta per pagare con gli interessi il fio alla propria coerenza e tenersi a debita distanza da ogni opportunismo e dal limbo di chi agisce ispirato dalla convenienza. Lo sanno bene i suoi avversari, spesso finiti nel mirino dei tanti manifesti affissi nelle vie cittadine e conditi da metafore ricercate e linguaggio forbito.
Era anche capace di cambiare strategia da un giorno all'altro, spesso accostandosi al nemico di turno con un atteggiamento ibrido tra lusinga e desiderio di distruzione dall'interno del suo territorio, manco fosse un novello Trotsky.
Manca dalla politica attiva da tanto tempo, si è solo dedicato alla professione, mettendoci il cuore. Forse troppo, stando a quanto affermato da chi lo accusava di non frapporre la scrivania tra lui e i suoi assistiti. Oggi anche la legge è tornata a considerarlo un galantuomo. Nel commentare a caldo l'assoluzione ha rivissuto gli anni del processo dicendosi «fortunato ad avere tanti amici: sono stato privilegiato - ha aggiunto - ad avere al mio indirizzo di cuore e di testa i miei familiari, Francesco (il figlio, ndc) in primis, che hanno sempre creduto e resistito di fronte ad accuse che, come l'alta marea emergevano dagli abissi dell'assurdo». Ha detto di continuare «a credere e sperare che un mondo migliore sia possibile e che la giustizia, sia pur lentamente, giunga sino a noi. Un grazie particolarmente grande - ha concluso - a Mimmo Piccolo e Rosario Scarfò, i miei avvocati».
Domenica 24 aprile alle 10,30 nella piazza di Moschetta Mammoliti introdurrà il convegno dal titolo “La liberazione continua. Dagli stati di emergenza allo Stato di diritto. In Calabria e non solo”, promosso dal comitato Zaleuco e dall'associazione “Nessuno tocchi Caino”. Ne ha pieno titolo, ora anche per la legge.
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