Due lettere. Una al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, l’altra a Carla Garlatti autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza.
Due lettere – inoltrate e diffuse attraverso l’avv. Antonia Nicolini – che rappresentano l’ennesima denuncia del collaboratore di giustizia Emanuele Mancuso il quale si appella alla massima carica istituzionale del Paese e al Garante per tutelare i diritti della figlioletta (ponendo così fine alle presunte violazioni) affidata al Servizio sociale territorialmente competente rispetto alla località protetta individuata dal Servizio centrale di protezione. Al Capo dello Stato e al Garante per l’infanzia il collaboratore chiede anche di intervenire per porre fine a quello che definisce «un inquietante “complotto”» finalizzato a stancarlo e a indurlo ad abbandonare la collaborazione con la giustizia e il programma di protezione.
Un passo compiuto dal 32enne di Nicotera circa una settimana prima la nascita della sua primogenita. Una decisione non facile che, praticamente, ha infranto una delle regole non scritte dell’omonima cosca di Limbadi che non aveva mai avuto alcun pentito al suo interno. E il fatto che a mandare in frantumi la “regola” sia stato proprio uno dei componenti della famiglia, ovvero “sangue del loro sangue”, non ha di certo reso più agevole a Emanuele il compito di voltare pagina.
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