È una Calabria dimenticata quella che ruota attorno al settore della depurazione. Impianti obsoleti, insufficienti e, molto spesso, con una inadeguata gestione. Responsabilità diversificate ma le cui conseguenze non fanno altro che aggravare i livelli di inquinamento con risultati catastrofici soprattutto per il mare, la migliore risorsa del nostro turismo. Gli effetti della nomina di un Commissario unico, con l’obiettivo di portare a termine tutti gli interventi necessari per colmare quelle falle che a più riprese sono state sottolineate dall’Unione Europea e tra l’altro oggetto di condanne da parte della Corte di Giustizia dell’Unione europea, non sembra che fino ad oggi abbiano dato i risultati che la Calabria si aspettava.
Nella regione ricadono in procedura di infrazione già definite nove interventi in ambito fognario. Per fronteggiare queste situazione il Cipe aveva deliberato nel 2012 ben 87 milioni di euro mettendo in primo piano nove progetti. «Di questi interventi affidati al Commissario unico nel 2017– rileva il consigliere regionale Francesco De Nisi – soltanto due sono stati eseguiti e collaudati per un importo di circa 4 milioni e 300mila euro, ovvero solo il 5 per cento di quelli previsti». In pratica le piattaforme depurative completate sono solo quelle di Montebello Jonico (2 milioni e 300 mila euro) e Crotone (piattaforma gestita dalla Soakro, dove sono stati investiti 2 milioni di euro).
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