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Calabria, assunzioni in mano ai referenti dei clan: il sistema dei lavori sulle tratte ferroviarie

Emergono alcuni retroscena dell’inchiesta che ha portato all’arresto di 15 persone

La manodopera per gli interventi di manutenzione della rete ferroviaria in Italia? Veniva reclutata dai referenti in Lombardia della cosca Arena-Nicoscia di Isola Capo Rizzuto dalla «Calabria Saudita» per «accrescere» il loro «potere». È il sarcasmo utilizzato da alcuni degli indagati coinvolti nell'operazione della Dda di Milano sulle ingerenze della ’ndrangheta isolitana negli appalti per l’ammodernamento della rete ferroviaria, nel descrivere le modalità d’approvvigionamento dei lavoratori calabresi. Lo mette nero su bianco il sostituto procuratore dell’Antimafia, Bruna Albertini, nelle carte dell'inchiesta che l'altro giorno ha portato all'arresto di 15 persone (per un totale di 36 indagati) da parte della Guardia di Finanza. E così, come scrive sempre il pm, le società che prendevano gli appalti da Rfi (parte lesa del procedimento) si rapportavano, attraverso il sistema del «distacco della manodopera e nolo a freddo dei mezzi», col «gruppo Aloisio-Giardino» finito al centro dell’attività investigativa e «con le numerosissime società a loro riconducibili ma fittiziamente intestate a prestanome». Inoltre, spiegano gli inquirenti, «il personale dipendente» delle aziende «Varfil s.r.l., Linee Fer s.r.l., N.W.C. s.r.l. e Cos.Fer s.r.l.» avrebbe «lavorato presso le imprese distaccatarie in condizioni di sfruttamento».

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