La cosca Arena-Nicoscia di Isola Capo Rizzuto era riuscita a mettere le mani sugli appalti indetti da Rfi per i lavori di ammodernamento delle reti ferroviarie di tutta Italia. Come? Attraverso un sistema di «subappalti mascherati» che avrebbe coinvolto anche le grandi società appaltatrici, alle quali veniva fornita la manodopera da parte di aziende riconducibili agli uomini del clan. Mentre gli operai, spesso costretti a lavorare in «condizioni di sfruttamento», finivano nei cantieri senza avere «alcuna competenza professionale». È quanto hanno scoperto la Dda di Milano e la Guardia di finanza con l’operazione che all’alba di ieri ha portato all’arresto di 15 persone (11 in carcere e quattro ai domiciliari) accusate, a vario titolo, di associazione per delinquere, semplice e aggravata dal metodo mafioso, finalizzata alla commissione di una serie di reati di natura fiscale e fallimentare e al sequestro di oltre 6,5 milioni di euro. Le indagini, così come già emerse nel 2017 in occasione dell’inchiesta “Jonny” della Procura antimafia di Catanzaro, hanno ribadito l’esistenza del legame tra le famiglie di ’ndrangheta degli Arena e Nicoscia, le quali, dopo la faida iniziata nel 2004, a partire dal 2010 si sono alleate nel nome degli affari grazie al business garantito con la gestione del Centro d’accoglienza per migranti di Sant’Anna. Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Calabria