Il Covid alza in questi difficili giorni la polvere accumulata da anni di cattiva gestione sotto il tappeto di un sistema salute ovunque in sofferenza. Crescono i ricoveri in area medica (+3 con una percentuale già da zona rossa al 40,50%), si rialza il tasso anche nelle terapie intensive (18,52%). I servizi assistenziali calabresi vivono l’assedio con file di ambulanze in attesa, pronto soccorso e corsie affollate, trasferimenti in altri ospedali, reparti ordinari cannibalizzati per non lasciare fuori nessuno di quei malati. Una pressione che sta devastando la resilienza dei luoghi di cura della regione con troppe vite attualmente aggrappate ai respiratori artificiali, troppi contagiati in questa quarta ondata che sta riscrivendo, con la storia dell’epidemia, anche nuove regole di convivenza con la pandemia. Il problema storico, la metastasi della sanità calabrese, sta riaffiorando in questi giorni di dura battaglia al virus. Il turn over cancellato dall’indebitamento del sistema ha ridotto i ranghi del personale sanitario in corsia mentre le stanze continuano a riempirsi di malati più o meno gravi. Gli ospedali sono diventati una trincea dove un manipolo di “camici bianchi”, stremato e senza più forze, prova a fermare il nemico ma non è semplice. Soprattutto nelle terapie intensive con un deficit d’organico che si aggira intorno ai 100 medici anestesisti-rianimatori, secondo un censimento di qualche anno fa (e per questo la situazione potrebbe essersi, nel frattempo, ulteriormente aggravata).
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