Il figlio di “don Peppino”. Luigi Cirillo, 49 anni, ha sempre condotto una vita spericolata. Quand’era appena maggiorenne ha combattuto accanto al padre, Giuseppe, per decenni capo incontrastato del “locale” di ‘ndrangheta di Sibari. Con lui condusse, senza fortuna, la guerra contro i coriglianesi di Santo Carelli. E quando l’augusto genitore venne “spodestato” dalla signoria mafiosa calabrese, decise come lui di collaborare con la giustizia. Fu solo una parentesi, però, quella del pentimento. Già, perché “Luigino” forte del nome che portava e ormai lontano dai radar delle forze investigative, riprese la “tradizione” di famiglia ma questa volta nella terra di origine: la Campania. Ed è a Mercato San Severino che i magistrati della Dda di Salerno l’hanno ritrovato nella veste di boss in combutta con esponenti della Sacra Corona Unita, dei Casalesi e della ‘ndrangheta. Un boss moderno, intraprendente e cinico, che aveva messo in piedi un sistema di scommesse e gioco d’azzardo su scala internazionale con triangolazioni in Albania, Romania, Slovenia, Repubblica Ceca e Malta, e investimenti immobiliari in mezzo mondo compresa la dorata Dubai e la lontana Panama. La “stoffa” Cirillo l’ha ereditata dal padre, morto in udienza per infarto a Catanzaro, il 24 marzo del 2007 e dalla madre. Maria Luigia Albano, detta “donna Gina” alla quale gli scherani del marito si rivolgevano, nella Sibaritide, chiamandola “padrona”. Luigi - che amava farsi chiamare Giuseppe come il genitore defunto - aveva messo in piedi, dal 2013 in avanti, un sistema quasi perfetto per fare soldi a palate. Un sistema del quale faceva parte con ruolo apicale Giuseppe Carnovale, 42 anni, di Santa Caterina allo Ionio (Catanzaro) e dal quale avrebbero tratto vantaggi economici pure Guendalina e Rocco Nicola Femia, rispettivamente di 38 e 31 anni, nati a Locri e residenti a Conselice (Ravenna) figli del più noto Nicola Femia, 62 anni, re di videogiochi e scommesse in Emilia Romagna, da sempre vicino alle cosche di Gioiosa Ionica e, oggi, collaboratore di giustizia. È proprio il sessantaduenne pentito a parlare ai magistrati inquirenti degli interessi messi in piedi da Cirillo. Interessi dai quali era rimasto escluso perchè finito nel frattempo in carcere. Del giro del gioco d’azzardo transnazionale hanno pure parlato il collaboratore Mario Gennaro, legato ai Stefano-Tegano di Reggio e già teste d’accusa in riva allo Stretto; Massimiliano Caterino, detto “o mastrone” e Attlio Pellegrino, affiliati al gruppo del casalese Michele Zagaria; Maria, Raffaele e Umberto Venosa, detti “i cucchieri” fuoriusciti dal celeberrimo gruppo camorristico guidato da Francesco Schiavone, inteso come “Sandokan”. Il sistema illegale avrebbe pure fatto realizzare profitti al messinese Antonino Irrera, 28 anni, dal 2014 residente a Malta e gestore per la Sicilia di un settore di scommesse.
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