Questo sito contribuisce all’audience di Quotidiano Nazionale

I tre tecnici indagati per il depuratore di Sant'Onofrio. La nota degli avvocati: "Nessuna notifica ricevuta"

In riferimento all’articolo sui tre tecnici indagati per il mancato funzionamento del depuratore di Sant’Onofrio riceviamo e pubblichiamo la nota degli avvocati Ottavio Porto, Antonino Tillieci, Giuseppe Orecchio e Rocco Barillaro: "Si rappresenta quanto segue con l’auspicio che nessun cittadino debba più trovarsi nella incresciosa situazione di apprendere di essere indagato in un procedimento penale tramite un organo di stampa anziché, come previsto dal nostro ordinamento giuridico, con la notificazione di un provvedimento emesso da un organismo giudiziario. Invero, pur riservando il massimo rispetto per il diritto di informazione e per i connessi diritti di cronaca e di critica, i quali certamente costituiscono autentici approdi di democrazia e libertà, noi sottoscritti difensori degli indagatati non possiamo tacere il nostro fermo disappunto in merito alla scelta di pubblicare il contenuto degli atti d’indagine nonché i nominativi degli indagati prima ancora che gli stessi ne avessero legale conoscenza. E’ bene infatti evidenziare che, sino alla mattinata odierna, nessuno degli indagati ha ancora ricevuto alcun tipo di notificazione atta ad attribuire in capo alle loro persone la veste di indagati. Ricordiamo a noi stessi come l’ossatura giuridica del Paese sia rappresentata dalla nostra Carta Costituzionale, la quale, senza dubbio alcuno, rappresenta una delle più alte e nobili espressioni di diritto positivo degli ultimi secoli. Il richiamo, sin troppo facile e sin troppo intuitivo, va all’art. 111, il quale statuisce che “la persona accusata di un reato sia, nel più breve tempo possibile, informata riservatamente della natura e dei motivi dell'accusa elevata a suo carico”. Ci domandiamo dove sia andata a finire quella riservatezza giustamente invocata dalla Costituzione, della quale, in questa vicenda, salvo nostre disattenzioni, non ve ne è traccia. Ed ancora, sempre nel rispetto della normativa vigente, ci domandiamo a cosa servano i dettami dell’art. 329 del codice di rito, in forza dei quali gli atti di indagine, le richieste avanzate dal Pubblico Ministero e gli atti del Giudice che sulle stesse provvedono “sono coperti dal segreto fino a quando l'imputato non ne possa avere conoscenza”.

Non comprendiamo inoltre come possa dirsi rispettato il dettato dell’art. 114 c.p.p., rubricato “Divieto di pubblicazione di atti e di immagini” se poi tale divieto non viene in alcun modo rispettato, come appare evidente essere accaduto nella vicenda in oggetto. Per completezza espositiva, precisiamo che il detto divieto si estende, per espressa scelta del Legislatore, alla pubblicazione “anche parziale o per riassunto, con il mezzo della stampa o con altro mezzo di diffusione, degli atti coperti dal segreto” nonché, recita la medesima norma di Legge, “anche solo del loro contenuto". Ciò esplicitato appare doveroso provvedere ad effettuare un serio fact-checking, per evitare il rischio - già in atto oltrepassato - di fornire all’opinione pubblica elementi incompleti e parziali, a discapito dell’immagine personale e professionale dei nostri rispettivi assistiti. Un primo tassello che lascia interdetti e che, ovviamente, non potrà che condurre ad approfondimenti tesi a comprendere eventuali profili di responsabilità anche di natura penale è costituito dal fatto che nessuna delle persone nominate nell’articolo ha ricevuto, mentre gli articoli venivano pubblicati in rete, alcun atto di contestazione formale. Che vi sia un sequestro, lo si è infatti appreso solo ed esclusivamente dalle testate giornalistiche online. Si tratterebbe, il condizionale in questi casi è d’obbligo, di una iniziativa della P.G. operante, all’esito di alcuni controlli sul territorio, il cui verbale, al momento della pubblicazione in rete degli articoli giornalistici su richiamati, non è stato neanche letto da alcuna delle parti menzionate. In virtù di tali considerazioni ci preme sottolineare che, sebbene la nostra Carta Costituzionale sancisca all’art. 21 il diritto di cronaca, esso incontra sempre dei limiti nella riservatezza delle informazioni. In particolare, secondo quanto sancito dall’art. 2 del D.Lgs. 196/2003 deve essere garantito che “il trattamento dei dati personali si svolga nel rispetto dei diritti, delle libertà fondamentali, nonché della dignità dell’interessato, con particolare riferimento alla riservatezza, all’identità personale e al diritto alla protezione dei dati personali”: il fondamento della disciplina sulla privacy si rinviene proprio nel principio della necessità di minimizzazione nell’utilizzazione dei dati personali e di identificazione, fino ad escludere il trattamento quando le medesime finalità informative perseguite possono essere realizzate mediante dati anonimi. Alla stregua di quanto appena sostenuto non si può certo affermare che il diritto alla riservatezza dei soggetti citati sia stato rispettato, giacché nessuno, al momento della pubblicazione degli articoli giornalistici in rete, ha ricevuto alcuna comunicazione circa l’esistenza di un provvedimento ablativo. Inoltre, pochi giorni orsono, il Consiglio dei Ministri ha approvato il D.Lgs. 8 novembre 2021, n. 188 che recepisce la direttiva Ue 343/2016 sulla presunzione d’innocenza, principio - ancora una volta si dirà “purtroppo per tutti” - ampiamente sottovalutato. Nel caso di specie, sebbene la vicenda riguardi un Comune e possa ritenersi presente un interesse pubblico, non si comprende a che titolo sia stato gestito il dato personale senza che il titolare ne abbia avuto la minima contezza. Gli scriventi, ad ogni modo, riservandosi azioni legali esemplari non possono pertanto esimersi dal rassegnare una triste considerazione circa la pericolosa eco mediatica che questa vicenda sta avendo anche e soprattutto tra i non addetti ai lavori. Il tutto, lo si ribadisce, all’oscuro dei diretti interessati. Pleonastico dunque evidenziare che saranno intraprese le più opportune azioni per comprendere come la notizia si sia diffusa sulla stampa prima ancora della formale ufficializzazione ai diretti interessati, in riferimento ai quali si anticipa di poter dimostrare, nelle sedi opportune, la loro completa estraneità rispetto ai fatti contestati".

Caricamento commenti

Commenta la notizia