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Omicidio in carcere, detenuto calabrese uccide il compagno e poi nasconde il cadavere per due giorni

L'omicida è Salvatore Moio, 44 anni di Samo (vicino Siderno), detenuto per scontare una condanna a venti anni per avere assassinato il suocero

Ci sono macabri retroscena dietro la morte di Paolo Costarelli di 60 anni, assassinato nella casa circondariale di Caltagirone. Ad ucciderlo sarebbe stato un sedicente 'ndranghetista che ha strangolato con dei lacci il suo compagno di cella che aveva ingiuriato la sua famiglia. Poi per due giorni ha mangiato e dormito con il cadavere dell’uomo nascosto con il lenzuolo e due coperte.
Le guardie carcerarie solo 48 ore dopo il decesso, avvenuto per asfissia da strangolamento si sono attivate, era l’8 dicembre giorno dell’Immacolata quando hanno scoperto che l’uomo originario di Gela, in carcere per scontare una condanna per maltrattamenti, era morto.

Inevitabili le responsabilità di Salvatore Moio, 44 anni di Samo (vicino Siderno), detenuto per scontare una condanna a venti anni per avere assassinato il suocero. Messo alle strette Moio ha confessato il delitto sostenendo di essere stato ingiuriato e aggredito, durante uno dei tanti litigi con Paolo Costarelli il suo compagno di stanza. Durante l’interrogatorio di garanzia dinanzi al gip Maio ha raccontato i dettagli dell’ultimo tragico contrasto: di avere spinto sul letto Costarelli, di averlo sopraffatto, e al termine della colluttazione di avergli stretto al collo dei lacci che ha poi fatto ritrovare all’esterno del carcere dopo averli buttati giù dalla finestra. Come se nulla fosse successo ha poi coperto il corpo senza vita di Costarelli ed ha trascorso due giorni con il cadavere dell’uomo trovato già in avanzato stato di decomposizione. Secondo il medico legale la morte sarebbe antecedente all’8 dicembre di almeno 48 ore. Moio da tempo era rimasto solo: la moglie lo aveva lasciato e non aveva più i genitori. Un anno fa aveva rischiato la vita per una brutta polmonite, era stato pure intubato in rianimazione per venti giorni. Tra le mura del carcere era diventato violento e spesso diceva di appartenere alla 'ndragheta. «E' una storia molto triste - ha commentato il legale di Moio, l’avvocato Salvatore Di Gioia - il mio assistito ha ammesso le proprie responsabilità».

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