Il covid rimane un evento senza destino, una entità che svuota e riempie i bollettini secondo una logica misteriosa, distonica. Per settimane il suo respiro ci aveva abbandonati, la sua polvere dispersa in una ritirata frettolosa. La prosa della pandemia cambia ancora con l’aumento di casi non associati a catene di trasmissione. Il virus buca soprattutto la frazione più giovane della popolazione, quella ancora poco vaccinata, generando, soprattutto, diagnosi asintomatiche, secondo i dati epidemiologici dell’Istituto superiore della sanità. Naturalmente restano i ricoveri. Ieri due pazienti sono entrati nelle corsie dell’ospedale di Crotone. Fortunatamente ci sono state anche 4 dimissioni (3 a Cosenza e una a Catanzaro) che hanno fornito un saldo di due malati in meno presenti nelle aree non critiche dei presidi sanitari calabresi. Nessun aggiornamento, invece, in terapia intensiva con 8 intubati e un tasso di occupazione fermo al 4,60%. Ma il patogeno uccide ancora. Ieri altre tre vittime hanno aggiornato la contabilità del dolore: una a Reggio, e due a Cosenza (una 85enne di Amantea e un 84enne di Cerisano, entrambi spirati nel reparto di Pneumologia). In questi giorni, lo scenario appare più nebuloso e un po’ ovunque i focolai ardono da un angolo all’altro di questa terra. La media mobile dei casi settimanali (tra il 17 ottobre e ieri) in Calabria è salita a quota 43 per 100mila abitanti, dopo che venerdì aveva raggiunto i 39 casi. Il territorio più caldo è il Vibonese con 123 diagnosi per 100mila abitanti. Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Catanzaro