«Così com’è è pericoloso, i cittadini lo sanno perfettamente»: non poteva essere più chiaro il direttore sanitario aziendale Domenico Minniti per motivare, una settimana addietro, l’improvvisa chiusura del Pronto soccorso gioiese, da oltre un anno senza una struttura ospedaliera alle spalle, visto che il “Giovanni XXIII” è stato praticamente svuotato, per ragioni di spazio e di promiscuità, per farne un centro post-Covid, ricovero di lungodegenza per i positivi al coronavirus, stabilizzati e dimessi dal Grande ospedale metropolitano di Reggio. Via dai piani alti gli ambulatori di Cardiologia, Ginecologia, Urologia, che pure facevano migliaia di prestazioni l’anno, spostati in altre strutture del comprensorio. Chiuso, riaperto in estate per poco più di un mese e di nuovo chiuso il reparto di Medicina, a seconda della recrudescenza dei contagi per far posto ai letti Covid. Via il Cup al piano terra, la Radiologia, a uso esclusivo dei pazienti contagiati; chiuso il Laboratorio analisi. È questo, in sintesi, l’estremo sacrificio che in piena emergenza pandemica Gioia Tauro ha offerto al territorio per dare il proprio contributo alla lotta al Covid. Eppure, obiettarono in molti, vi erano tanti altri presìdi inutilizzati e potenzialmente già disponibili. Scattò spontanea la protesta dei cittadini, caldeggiata dai commercianti gioiesi: otto giorni di “passione”, tra blocchi stradali e assemblee in piazza. Fino a quando l’ascia di guerra fu riposta con la promessa di un riconoscimento a fine emergenza che, chissà quando, dovrebbe tradursi in un potenziamento definitivo del presidio ospedaliero attraverso il ripristino dei servizi soppressi e l’apertura di nuovi reparti. Il contributo del capoluogo pianigiano continua ad essere fondamentale per alleggerire la pressione sul Gom di Reggio, tant’è che fino a qualche giorno fa il reparto Covid, gestito magistralmente dalla dott. Loiacono con un’equipe di giovanissimi sanitari, registrava il tutto pieno con 20 ricoverati. Altrettanto eccellente è stata la conduzione del centro vaccinale, sempre nei locali del nosocomio, guidato da un’altra donna, la dott. Carrera, con il prezioso aiuto della Croce Rossa Italiana, che nei mesi passati ha immunizzato tra prime e seconde dosi migliaia di utenti provenienti da tutta la provincia. E anche il Pronto soccorso seppur monco, grazie all’abnegazione dei medici rimasti e al contributo della Protezione civile impiegata nel pre-triage, aveva fatto la sua parte fino a qualche giorno fa. Poi, l’improvvisa decisione di chiuderlo “temporaneamente”, una parola che a queste latitudini certo non rassicura: per i vertici Asp, nel tempo, il numero di accessi era andato scemando e anche la tipologia era caratterizzata per il 96% dall’arrivo di codici verdi su una media di 13 accessi giornalieri. E come poteva essere altrimenti? Ovvio l’approccio titubante della gente sapendo della possibile presenza di utenti Covid. La vera causa che fa precipitare la situazione sono la mancanza di medici, con la messa in ferie “forzate” del dott. Pugliese, ultimo baluardo del Pronto soccorso, prossimo alla pensione, e i bandi andati deserti. I risvolti sono pesanti e non resta che chiudere. Il provvedimento scatena di nuovo la rabbia di amministratori e cittadini, uniti nella protesta. Intervengono duro anche il presidente dell’Autorità portuale Agostinelli e i sindacati. Durante i 7 giorni di sit-in e di consigli comunali e intercomunali, «perché il problema non riguarda solo Gioia ma anche l’hinterland», il sindaco Alessio ottiene un tavolo tecnico dal Prefetto che convoca le parti alla ricerca di una soluzione che arriva mercoledì. Il Ps riapre proprio oggi con 5 medici: il dott. Pugliese disposto a rientrare e altri 4 frutto di una rimodulazione del personale esistente e già presente in diverse strutture sanitarie del territorio. Tuttavia, riapre così com’era… nel deserto: senza Radiologia, senza Laboratorio, senza un medico rianimatore. Per molti una Guardia medica, una pezza al problema perché sono tante ancora le incognite sia per il Pronto soccorso che per l’ospedale cittadino. Il sindaco ha dichiarato al prefetto di non essere soddisfatto dei risultati raggiunti dall’Asp e che il movimento di lotta andrà avanti e si allargherà per coinvolgere tutta la Piana: già da domani proporrà a tutti i sindaci, alle forze politiche, ai sindacati, alle associazioni e ai cittadini l’indizione di una giornata di mobilitazione generale per la sanità da tenersi a Gioia. Anche il tavolo tecnico in Prefettura rimarrà attivo: è stato chiesto un successivo incontro con il commissario Longo e con il neo presidente della Regione Occhiuto per affrontare il tema delle risorse umane ed economiche finalizzate al mantenimento e potenziamento del Ps e della struttura ospedaliera. Per Alessio è chiaro che la questione sia ormai una crisi di sistema della sanità calabrese a cui è necessario porre rimedio. «Anche Roma – evidenzia – sul Pnrr deve tenere conto che per creare una nuova sanità in Calabria c’è bisogno di ingenti somme».