Il virus continua a deformare i caratteri di questa nostra terra che fatica a ritrovarsi. Ma a Roma parlano ancora poco di questa creatura che è tornata a riempire le corsie dei nostri ospedali (sono 166 pazienti ricoverati nelle Malattie infettive calabresi e altri 15 sono in Terapia intensiva). Un silenzio utile a nascondere la polvere sotto il tappeto e a convincere il ministro Speranza di tener fuori, almeno per adesso, la Calabria dalla mappa dei territori sotto restrizioni. E così, a sorpresa, la regione è riuscita a strappare altri sette giorni in zona bianca covid free, sperando che anche qui, come nel resto d’Italia, i numeri possano davvero provare la ritirata del Covid. La cabina di regia si era affacciata sui dati settimanali aggiornati al 14 settembre valutando «come da decreto legge del 18 maggio 2021 n. 65, art. 13», tutti e tre gli indici (occupazione terapie intensive, aree mediche e incidenza cumulativa) oltre la soglia di rischio. Dunque, regione in zona gialla per consentire l’alleggerimento della pressione sui servizi assistenziali? Macché. Dalla Calabria hanno chiesto d’aggiornare il quadro con i nuovi dati delle Rianimazioni tornate sotto la soglia del 10% (purtroppo, anche con numerosi decessi) e dal Ministero hanno accolto l’obiezione restituendo la libertà alla regione. Secondo i dati Agenas, la Calabria ha attivato ben 174 postazioni in area critica di cui appena 15 occupate con un tasso dell’8,62%. Tuttavia, la sostenibilità dei reparti calabresi, in base all’organico dei sanitari specializzati in servizio (secondo un recente censimento delle associazioni di categoria mancherebbero almeno un centinaio di anestesisti rianimatori negli ospedali della regione), non supererebbe i 150-160 posti letto. Ma il problema non è solo calabrese, ma in Calabria ha effetti diversi dopo 11 anni è in ammollo in un inutile e doloroso commissariamento. Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Calabria