Calabria

Venerdì 22 Novembre 2024

Wwf e Lipu contro l'apertura della caccia: "La Calabria brucia. È un paradosso"

«Il primo settembre si riapre la caccia: così ha deciso la giunta regionale, nonostante gli innumerevoli roghi che continuano a devastare la Calabria, e aver provocato morti, assediato centri abitati, incenerito migliaia e migliaia di ettari di territorio. Dopo una stagione di fuoco, peraltro ben lungi dall’essersi conclusa, che ha distrutto gran parte dei boschi, dei campi e della macchia mediterranea, per gli animali selvatici sopravvissuti alle fiamme e al fumo, decine di migliaia di fucili sono pronti a scaricare un inferno di piombo, senza nessuna pietà, senza alcuna considerazione per l’immane disastro che ha colpito l’ambiente calabrese. E, come se non bastasse, la Regione non ha esitato a concedere anche due giorni in più di caccia anticipata rispetto all’anno scorso e a inserire tra le specie cacciabili dal primo settembre la Tortora, dichiarata a livello europeo in via di preoccupante rarefazione, senza un piano di gestione, senza tenere conto dei danni subiti dalla specie in questi giorni di fuoco e di siccità». Wwf e Lipu intervengono per segnalare quello che considerano un paradosso, una misura irricevibile alla luce del dramma che si è consumato in tutta la Calabria e ha travolto anche la fauna della Regione. «A parte il danno diretto della morte di migliaia di animali e dei loro piccoli nati – continua la nota –, gli incendi hanno ridotto e frammentato notevolmente gli habitat idonei, costringendo la fauna a concentrarsi in aree più ristrette e aumentando così i fattori che ne accrescono la mortalità. Consentire la caccia come se nulla fosse accaduto è dunque un atto scellerato e inconcepibile». «Gravissima – sostengono Wwf e Lipu – la responsabilità della giunta Spirlì, dell’assessorato all’Agricoltura e di quello all’Ambiente, gli stessi che hanno lamentato i danni ingentissimi e l’autentico “disastro ambientale” che ha colpito la regione, e che, pur di fronte alla catastrofe sotto gli occhi dell’intera nazione, non hanno inteso modificare minimamente un calendario venatorio che prevede addirittura l’apertura anticipata della caccia. Come se gli animali, anziché essere stati bruciati dalle fiamme, si fossero ulteriormente moltiplicati; come se lo spazio a loro disposizione, piuttosto che ridursi in seguito agli incendi, si fosse allargato a dismisura. È davvero inaudito che, dopo le denunce, le proteste e le esternazioni sul flagello degli incendi che ha interessato la Calabria, pronunciate dagli stessi rappresentanti politici, nulla si sia fatto per tutelare la fauna, vittima sacrificale di un asservimento ai desiderata dei cacciatori che suona come un’autentica vergogna». L’ipotesi delle associazioni ricollega le scelte della giunta al clima elettorale: «La Regione dovrebbe spiegare infatti ai tanti calabresi che se lo chiedono, perché mai lo stato di calamità e gli interventi straordinari invocati a gran voce, debba interessare solo il patrimonio boschivo o quello agricolo e non lo stesso patrimonio faunistico che costituisce un tutt’uno con l’ambiente. La risposta è semplice: perché l’interesse di questa giunta per la tutela della fauna è uguale a zero, considerato che gli animali non votano e i cacciatori sì. Sarebbe bastato applicare l’articolo 19 comma 1 della legge numero 157/92 che consente alle Regioni di “vietare o ridurre per periodi prestabiliti la caccia a determinate specie per sopravvenute particolari condizioni ambientali, stagionali o climatiche, per malattie o altre calamità”, o, quanto meno, individuare e vietare la caccia nelle aree limitrofe ai territori colpiti dagli incendi. Se ciò non è stato fatto, vuol dire che la Giunta Calabrese non ritiene che gli incendi siano una calamità per gli animali, ma solo (eventualmente) per le piante». «Sappiamo benissimo che certi politici sfrutteranno la nostra opposizione alle loro scelte scellerate per acquisire ulteriori consensi, ma noi non verremo mai meno al nostro impegno morale, pur di salvare migliaia di animali condannati a morte per una manciata di voti in più».

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