In situazioni particolarmente critiche come quella dell'ultradecennale commissariamento della sanità della Regione Calabria, lo Stato non può limitarsi a un "mero avvicendamento del vertice, senza considerare l'inefficienza dell'intera struttura sulla quale tale vertice è chiamato a operare in nome dello Stato".
Lo afferma, in una sentenza depositata oggi, la Corte Costituzionale, secondo la quale è incostituzionale non avere previsto che al prevalente fabbisogno della struttura di supporto del commissario ad acta debba provvedere "direttamente lo Stato" con personale esterno, nonché avere imposto alla Regione di mettere a disposizione un contingente "minimo" anziché "massimo" di 25 unità di personale regionale. La Corte, con la sentenza odierna (scritta dal giudice Luca Antonini), ha dichiarato in questi termini l'illegittimità dell'articolo 1, comma 2, del decreto legge varato lo scorso novembre inerente le "Misure urgenti per il rilancio del servizio sanitario della regione Calabria e per il rinnovo degli organi elettivi delle regioni a statuto ordinario".
Nella riforma del 2001 del Titolo V della Costituzione, osservano i 'giudici delle leggi' nella loro sentenza, il riconoscimento del valore delle autonomie territoriali è in "prospettiva generativa" e quindi occorre dare "la prova concreta della realizzazione di determinati interessi essenziali", la cui tutela spetta allo Stato quale "garante di ultima istanza": questo potere sostitutivo dello Stato, tuttavia, deve essere "utile" e quindi si giustifica solo se garantisce effettivamente le esigenze unitarie della Repubblica invece compromesse dalla Regione, altrimenti si "rischia di produrre, a causa dell'impotenza cui si destina il commissario, un effetto moltiplicatore di diseguaglianze e privazioni in una Regione che già sconta condizioni di sanità diseguale".
Pertanto, spiega Palazzo della Consulta, occorre "un intervento che comporti una prevalente sostituzione della struttura inefficiente con personale esterno altamente qualificato e fornito direttamente dallo Stato, in modo da evitare anche ogni possibile condizionamento ambientale". Con la stessa pronuncia, la Corte ha anche dichiarato l'illegittimità dell'articolo 6, comma 2, del decreto, nella parte in cui non prevede, per l'assegnazione del contributo triennale di solidarietà di 60 milioni di euro, in alternativa al piano di rientro presentato dal Commissario per il periodo 2022-2023, l'approvazione di un nuovo piano di rientro presentato dalla Regione: quest'ultimo assolve, infatti, affermano i giudici costituzionali, "la medesima funzione del programma operativo predisposto dal commissario ad acta e pertanto, qualora riconosciuto idoneo dal Consiglio dei ministri", dimostrerebbe la volontà della Regione di intraprendere un cammino per uscire dalla lunga situazione di stallo.
Occhiuto, adesso la Sanità torni alla Regione
“Il commissariamento della sanità della Regione Calabria è, almeno parzialmente, illegittimo. Lo ha stabilito, in una sentenza, la Corte Costituzionale. In situazioni particolarmente critiche come quella dell’ultradecennale commissariamento della sanità della Regione Calabria, lo Stato - dice tra l’altro la Consulta - non può limitarsi a un mero avvicendamento del vertice, senza considerare l'inefficienza dell'intera struttura sulla quale tale vertice è chiamato a operare in nome dello Stato". Lo afferma in una nota Roberto Occhiuto, capogruppo di Forza Italia alla Camera dei deputati e candidato del centrodestra alla presidenza della Regione Calabria.
"Sostengo da tempo - continua - l’inutilità di un commissariamento, con la struttura guidata da figure che spesso poco hanno a che fare con la sanità, che in dodici anni non ha risolto alcun problema, che non ha fatto nulla per sanare i debiti, che non ha migliorato ospedali e prestazioni. È giunta l’ora che la sanità in Calabria sia gestita dai calabresi, dal governo regionale e, comunque, da professionisti adeguati per vincere questa grande sfida. Sarà uno dei primi dossier che affronterò una volta diventato presidente della Regione”.
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