I binari della morte. Scrisse Paolo Orsi, archeologo innamorato della Calabria: «Quando un treno deraglia tutto diventa imprevedibile come in occasione d’un terremoto». Lo studioso, cui dobbiamo molto, si ritrovò su un vagone uscito dai binari durante una delle sue tante peregrinazioni in giro per la regione. Un improvviso rumore di sferragliamento, l’ondeggiare impazzito delle carrozze-vettura e la perdita del senso d’equilibrio; poi l’ansia e la paura che fanno urlare tutti d’impotenza. È questo un deragliamento, ancor peggio quando avviene nel buio d’una galleria. La storia racconta di drammi avvenuti sulle tratte ferroviarie calabresi di cui s’è ormai persa memoria. Uomini e donne hanno pagato con la vita le zampate d’un destino comparso d’improvviso in un giorno qualsiasi.
È accaduto nel 1961 quando una vettura è deragliata precipitando dal viadotto “Fiumarella” nell’immediata periferia di Catanzaro spezzando l’esistenza di 71 persone. È successo a Gioia Tauro, nell’estate del 1970, quando la “Freccia del sud” esce dai binari a causa di un bomba a pochi passi dalla stazione: i morti saranno sei. Dieci anni dopo l’Espresso 587 deraglia tra gli scali di Curinga e Eccellente per l’urto improvviso con 28 carri sganciatisi da un treno merci partito da Lamezia e diretto a Villa San Giovanni. Nel frattempo sopraggiunge l’Espresso 588 che si scontra con le vetture deragliate: 28 persone perderanno la vita. L’anno dopo (1981), a Capo Bonifati, un treno proveniente da Roma esce fuori controllo e urta l’Espresso che arriva da Reggio Calabria: le vittime saranno quattro. Nel caso di Gioia Tauro alla tragedia seguirà la beffa: per venticinque anni sarà accreditata la (comoda) tesi del guasto meccanico fino a quando nel 1995 il boss pentito di Reggio Calabria, Giacomo Ubaldo Lauro, non rivelerà che i binari erano saltati per effetto di una bomba collocata e fatta espoldere dalla ’ndrangheta eversiva.
La strage ferroviaria di Gioia Tauro (1970)
L’unico caso in cui la ‘ndrangheta si è rivelata “stragista” è stato nel luglio del 1970, quando una bomba fece deragliare, a Gioia Tauro, il treno “Freccia del Sud”. Era il periodo dei “moti” di Reggio e le cosche volevano approfittare della rivolta popolare immaginando che la scelta della città dello Stretto come sede di capoluogo di regione avrebbe prodotto indubbi vantaggi economici e di potere. I padrini, peraltro, flirtavano in quel periodo con l’eversione nera decisa a sovvertire l’ordine democratico. La nascita di un nuovo profilo statuale avrebbe potuto avvantaggiarli sia dal punto di vista “politico” che giudiziario. I “golpisti” avevano bisogno di uomini e le cosche sembravano disponibili ad offrirglieli. Occorreva destabilizzare lo Stato, renderlo insicuro per giustificare l’avvento di un regime. I moti reggini cadevano perciò a puntino. Bisognava interrompere i collegamenti ferroviari e fu decisa la collocazione di una bomba sui binari posti a poche centinaia di metri dalla stazione di Gioia. È stato l’ex boss Giacomo Ubaldo Lauro a svelarlo.
martedì 23 luglio 2013
Il presidente del Senato, Grasso, nell’anniversario: «Omertà e silenzio sulla vicenda. Cercare la verità»
La strage di Gioia esce dall’oblio
Lettera sul deragliamento del treno al sindaco, che chiede di fare chiarezza
reggio calabria Ieri il 43. anniversario della strage dimenticata del treno del Sole a Gioia Tauro. La vicenda che dopo tantissimo tempo rimane avvolta ancora nel mistero è stata rilanciata nell’edizione di ieri di questo giornale. Sui fatti è arrivata una forte presa di posizione del presidente del Senato Pietro Grasso. «Nel 43mo anniversario della strage di Gioia Tauro, con commossa partecipazione desidero rinnovare il ricordo del sacrificio delle 6 vittime innocenti che vi rimasero coinvolte». È quanto si legge nel messaggio che il presidente del Senato, Pietro Grasso, ha inviato oggi al sindaco di Gioia Tauro, Renato Bellofiore.
La seconda carica dello Stato, quindi, rimarca, la brutalità dell’accaduto: «Il 22 luglio 1970 deragliò il treno “Freccia del Sud” proveniente da Palermo e diretto a Torino. Solo a distanza di molti anni si capì che fu un assurdo attentato, tragico sviluppo di un folle intreccio di disegni criminosi nell’ambito delle rivolte a Reggio Calabria contro la designazione a capoluogo di regione di Catanzaro». Poi l’amara constatazione di quanto ancora non si è saputo sulla strage: «Purtroppo il corso della giustizia è stato rallentato dall’omertà e dal silenzio e ancora oggi molti restano i punti oscuri di questa vicenda. La memoria delle ignare e incolpevoli vittime della strage - conclude il presidente del Senato - deve però rimanere immutata ed essere di sprone a proseguire con energia e rigore, anche in loro nome, la strada della verità e la lotta per la legalità e la democrazia». Una presa di posizione, dunque, che sprona chi di dovere a non lasciare cadere nell’oblio una vicenda che rischia di essere dimenticata. Oltre alla mafia, nella vicenda si incrociano pure presenze singolari quali quella dell’eversione terroristica. Il particolare momento storico concomitante anche con i moti di Reggio ha lasciato una ferita aperta nella nostra Repubblica. Purtroppo pochi ne parlano, eppure ci furono ben 6 morti e tantissimi feriti.
Sulla vicenda abbiamo raggiunto il sindaco di Gioia Tauro Renato Bellofiore che ha apprezzato il gesto di Grasso. «È la prima volta – ha dichiarato – che un presidente del Sentato scrive su questa vicenda che sembra essere dimenticata. Nessuno ne parla al contrario di altre vicende».
Il sindaco sprona chi di dovere a cercare la verità dei fatti: «Ci sia la volontà di proseguire a cercare la verità. Soprattutto in questo momento particolare dove la città di Gioia Tauro sta vivendo una recrudescenza criminale senza precedenti».
Poi, infine, la speranza ma anche la provocazione «non certo contro il ministro» ha proseguito il sindaco. «Oltre alle parole seguano anche i fatti, a Gioia Tauro occorre potenziare il sistema di videosorveglianza. Speriamo che il presidente del Senato possa farsi promotore di iniziative e prenda a cuore la situazione che sta vivendo la città del porto dal momento che ha manifestato un forte interesse per le sue problematiche».(al.na.)
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