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Presta e Acri, i due pentiti capaci di far tremare le cosche del Cosentino

Il primo era il “reggente” della ‘ndrangheta nella Valle dell’Esaro, l’altro è stato il capobastone di Corigliano Rossano

Roberto Presta

Due pentiti custodi di molti segreti. Dal traffico di droga agli omicidi, passando per le estorsioni, i rapporti con la politica e le connivenze istituzionali: Nicola Acri, detto “occhi di ghiaccio”, boss di Rossano e Roberto Presta, reggente dell’omonimo clan insieme con il fratello Tonino, rischiano di stravolgere gli equilibri e gli interessi delle cosche della ‘ndrangheta dalla Sibaritide fino alla Valle dell’Esaro. La coppia di collaboratori sa tante, troppe cose che riguardano gli affari illeciti e i patti inconfessabili messi in piedi nella Calabria settentrionale. Non si tratta infatti di mezze figure o di semplici “azionisti” ma di malavitosi che hanno ricoperto ruoli di vertice nelle loro organizzazioni.

Rossano

I verbali depositati dalla Dda di Catanzaro e relativi alle confessioni rese da Nicola Acri sono falcidiati da ben sette pagine di omissis. Da quel che rimane s’intende però bene che il padrino parla ampiamente di Salvatore Morfò e degli interessi di quest’ultimo in alcuni settori commerciali come i prodotti da forno e la vendita di una marca di acqua minerale. In questo contesto fa i nomi anche dei suoi collaboratori fidati e parla di Luciano Converso, l’imprenditore ucciso nel 2006 in un agguato addebitato dalla magistratura inquirente addirittura al fratello del boss pentito, Gennaro, poi assolto con sentenza definitiva., Acri indica Converso come persona di fiducia a cui affidava incarichi delicati. È evidente che ha raccontato molte altre cose, relative a fatti di sangue ed a vicende estorsive, politiche e imprenditoriali ma il segreto istruttorio impedisce di saperne di più.

Sibaritide

Roberto Presta, parente diretto dell’irriducibile padrino ergastolano, Franco Presta, ha invece saggiato per quasi un anno la rigida vita del carcere decidendo poi di saltare il fosso. Dal penitenziario di Frosinone dove si trovava recluso, ha chiesto nel gennaio scorso di parlare con i magistrati iniziando un rapporto collaborativo svelato dal trasferimento in un altro istituto di detenzione. La voce del suo “pentimento” è subito corsa veloce tra amici e compari diventando infine pubblica quando i suoi familiari sono stati spostati da Roggiano in una località segreta e sottoposti a protezione. Alle dichiarazioni del collaboratore si deve il ritrovamento, nelle campagne roggianesi, dell’arsenale del clan che spadroneggia per la Valle dell’Esaro ormai da più di 20 anni. Lo scorso anno la Dda diretta da Nicola Gratteri, aveva disarticolato l’organizzazione dedita al narcotraffico della quale l’odierno “dichiarante” era capo e promotore. Dall’inchiesta era emerso addirittura il progetto di inviare un “commando” di sicari a Cuneo dove si trovava recluso Aldo De Marco, il tecnico e riparatore di tv di San Lorenzo del Vallo, autore dell’omicidio, nel gennaio del 2011, di Domenico Presta, giovane e prediletto figlio del capobastone Franco. S’era sparsa voce che De Marco potesse uscire con un “permesso” dal penitenziario e fu organizzata una squadra di killer per farlo fuori. Il blitz omicida non venne tuttavia portato a termine ma gli investigatori ne riportano notizia negli atti ritualmente depositati. Roberto Presta sa tutto di questa vicenda e di molti fatti di sangue accaduti negli ultimi dieci anni nel Cosentino. E conosce pure i nomi di molti insospettabili favoreggiatori della cosca. Lui e Acri fanno davvero paura: nubi scure s’addensano sul futuro dei clan dell’Alta Calabria.

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