Si riparte dai tabulati telefonici. Uno dei perni attorno a cui ruotano i “movimenti” via telefono nella notte in cui Giuseppe Damiano Cricrì, 48 anni di Melicuccà di Dinami, venne ucciso e bruciato nell’auto. Era il 21 ottobre del 2013 e per quel delitto la Corte d’Assise di Catanzaro, nel giugno di due anni fa, condannava a 24 anni di carcere Liberata Gallace, 56 anni originaria di Gerocarne ma residente a Piani di Acquaro (avv. Cristian Scaramozzino) e a 22 anni di detenzione Fiore D’Elia, 68 anni di Gerocarne (avv. Giovanna Fronte), accusati di concorso in omicidio e distruzione di cadavere. Coinvolto nell’omicidio anche Alfonsino Ciancio, 32 anni, figlio della Gallace (avv. Salvatore Staiano e avv. Bruno Ganino) per il quale è divenuta definitiva la pena a 14 anni di reclusione (rispetto ai 30 che gli erano stati inflitti in primo grado). Il processo a carico di Liberata Gallace e Fiore D’Elia – che vede parte civile i familiari della vittima, rappresentati dall’avv. Giovanni Vecchio – si è quindi spostato davanti ai giudici della Corte d’assise d’Appello (presidente Reillo) i quali, nell’udienza dello scorso 13 aprile anziché ritirarsi in camera di consiglio per la sentenza, hanno emesso una ordinanza. In accoglimento dell’istanza avanzata dall’avv. Fronte, infatti, hanno disposto una nuova perizia sui tracciamenti delle celle telefoniche. Ieri l’incarico è stato conferito all’ing. Alessandro Perri il quale dovrà “riesaminare” i tabulati telefonici svolgendo una valutazione sull’elaborato del precedente perito. Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Calabria