Racket all'ospedale di Vibo, l'imprenditore: "Andiamo avanti, abbiamo la responsabilità di tante famiglie"
«Quando mi hanno telefonato non ci volevo credere; eppure era la verità; hanno dato alle fiamme i nostri mezzi: due camion e un escavatore». Un danno enorme che in tempi di pandemia rischia di mandare a gambe all’aria qualsiasi ditta, persino la Costruzioni Procopio di Catanzaro, 150 dipendenti, operante nel settore delle infrastrutture da tre generazioni. L’attentato messo in atto nel cantiere del nuovo ospedale di Vibo è qualcosa che fa rabbia e nello stesso tempo getta nello sconforto gente dura, che ha fatto dei sacrifici e del lavoro i segni distintivi della propria esistenza. Ad esprimere tutto il suo rammarico è Massimo Procopio, uno dei fratelli che ha ereditato l'impresa di famiglia. «Questo è un territorio difficile, bello ma amaro, fatto di lavoro e sacrifici molto spesso calpestati e violentati da questi atti criminali». Momenti difficili di fronte ai quali non è facile reagire. «In situazioni del genere – dice Procopio – da una parte ti prende lo sconforto, la voglia di lasciar perdere, mollare tutto e andare via; ma poi rifletti e pensi agli impegni, ai tuoi dipendenti, alle loro famiglie; e allora ti fai coraggio, denunci tutto, come è giusto che sia, e tiri avanti sperando tutto possa cambiare». Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Calabria