L’ombra della morte. Che ha sempre aleggiato sulla ex “Marlane” di Praia a Mare, una fabbrica nata nel solco d’un sogno (irrealizzato) di industrializzazione della Calabria settentrionale. Alla ex “Marlane” sono state collegate le morti, a causa di patologie tumorali, di decine di operai che vi lavoravano. La prima inchiesta avviata dalla Procura di Paola per disastro ambientale s’è conclusa negli anni scorsi in un nulla di fatto. La contestazione di reato, infatti, non ha retto al vaglio dibattimentale. La magistratura inquirente, però, non ha mollato la presa riaprendo le indagini ma contestando una fattispecie di reato diversa: omicidio plurimo e lesioni colpose. Al centro degli accertamenti le gravi condizioni di salute nelle quali si sono ritrovati 33 dipendenti dello stabilimento dopo aver contratto il cancro. La questione centrale in punto di diritto, è stabilire se le spesso mortali patologie riscontrate nelle vittime siano collegate al tipo di lavoro svolto al servizio dell’impianto produttivo di Praia. Ed è per questo che in sede di incidente probatorio il gip di Paola, Maria Grazia Elia, ha dato incarico a tre docenti dell’università “Federico II” di Napoli, di esaminare le cartelle cliniche e verificare l’esistenza di un nesso di causalità tra l’insorgenza della malattia e la costante frequentazione del sito industriale. Il risultato del lungo lavoro svolto dagli esperti consulenti nominati dal magistrato s’è appreso ieri mattina. I professori Claudio Buccelli, Eduardo Farinaro e Maria Pieri hanno escluso di poter dimostrare che i decessi e l’insorgenza dei tumori siano collegabili in via esclusiva alle mansioni svolte all’interno della ex “Marlane”. Toccherà pertanto alla magistratura inquirente decidere se procedere oltre nell’esercizio dell’azione penale, oppure sollecitare un provvedimento di archiviazione. Le persone al momento sott’inchiesta sono sette. Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Calabria