‘Ndrangheta e Reddito di cittadinanza, un binomio che purtroppo pare essere ricorrente in tutte quelle zone del Paese dove sono presenti uomini e donne delle cosche calabresi. Infatti, non passa giorno che le Procure di mezza Italia non scoprono beneficiari senza requisiti che percepiscono la misura di sostegno al reddito ideata dal primo governo guidato dall’ex premier Giuseppe Conte, che sono stati condannati per mafia oppure si ritrovano coinvolti in processi di criminalità organizzata calabrese.
L’ultimo raggiro che va in questa direzione è stato smascherato dai carabinieri di Reggio Emilia, che hanno denunciato 5 persone, tra appartenenti e fiancheggiatori della cosca Grande Aracri di Cutro, accusate di aver nascosto il loro coinvolgimento in procedimenti di ‘ndrangheta nell’ambito di 4 inchieste che hanno messo all’angolo la “locale” cutrese: tra queste, c’è l’operazione “Aemilia” che per prima scoprì l’imponente radicamento del clan in Emilia; poi il blitz “Grimilde”, che è stata una sua continuazione, con la quale la Dda di Bologna ha reciso i tentacoli della ‘ndrina di Cutro con base a Brescello, che faceva capo a Francesco Grande Aracri (fratello del boss Nicolino) e ai suoi figli Salvatore e Paolo; a seguire, “Farmabusiness” coordinata dalla Distrettuale di Catanzaro contro gli appetiti della cosca per diversi settori dell’economia crotonese, nella quale sono finiti alla sbarra i familiari più stretti del boss di Cutro; e infine, “Camaleonte” della Procura antimafia di Venezia che ha svelato l’attivismo dei Grande Aracri in Veneto, attraverso gli affari illeciti gestiti dai fratelli Bolognino.
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