Regge nel processo di primo grado l’inchiesta “Crisalide 3” che il 13 settembre del 2019 portò all’arresto di 28 persone. Ieri, al termine del processo con rito abbreviato, il gup Antonio Battaglia ha emesso il suo verdetto: 32 condanne, 8 assoluzioni e un non luogo a procedere. La pena più pesante, 14 anni di carcere, è stata inflitta ad Antonio Miceli. Il giudice ha riconosciuto un risarcimento di 80mila euro per il Comune di Lamezia Terme, parte civile nel processo e rappresentato dall’avvocato Caterina Restuccia; 10mila euro invece dovranno andare all’associazione Antiracket Lamezia, rappresentata dall’avvocato Santino Piccoli. Le accuse contestate dalla Dda di Catanzaro sono, a vario titolo, associazione per delinquere di stampo mafioso, traffico di droga, estorsioni, danneggiamento. Nonostante le inchieste che avevano già pesantemente colpito la consorteria lametina, la cosca Cerra - Torcasio - Gualtieri era riuscita a riorganizzarsi per tornare a imporre la sua morsa asfissiante sulla città calabrese. Il 13 settembre 2019 quindi i carabinieri sono tornati nel quartier generale della cosca, il rione “Ciampa di cavallo”. Erano state 28 le misure cautelari eseguite, mentre altre 22 persone risultavano indagate. Per il sostituto procuratore Elio Romano, che ha coordinato le indagini, gli indagati avrebbero fatto parte di un’associazione mafiosa dedita al traffico di stupefacenti nonché a una aggressiva e violenta attività estorsiva nei confronti di commercianti e imprenditori della città della Piana. Una cosca «di seria A», l’aveva definita il procuratore capo Nicola Gratteri, «capace di interfacciarsi, negli anni passati, con i clan di San Luca per cogestire il traffico di droga e anche per scambiarsi i killer». Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Calabria