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Rocco “Tamunga” Morabito, chi è il superlatitante catturato in Brasile: era evaso dal carcere di Montevideo

Deve espiare la pena di 30 anni di reclusione. Due anni dopo l’arresto, nel giugno 2019, riuscì a evadere insieme ad altri tre reclusi dal carcere centrale di Montevideo

Nato ad Africo, in provincia di Reggio Calabria, il 13 ottobre del 1966, Rocco Morabito, bloccato dalle forze dell’ordine nella giornata di ieri, era stato già catturato in Uruguay nel settembre 2017, arrestato in un hotel di Montevideo, ma in realtà si nascondeva a Punta del Este. Inserito nell’elenco dei latitanti di massima pericolosità stilato dalla Direzione Centrale della Polizia criminale, al secondo posto dopo Matteo Messina Denaro, quando venne catturato in Uruguay era ricercato dal 1994 per associazione di tipo mafioso, associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti ed altri gravi reati; deve espiare la pena di 30 anni di reclusione. Due anni dopo l’arresto, nel giugno 2019, riuscì a evadere insieme ad altri tre reclusi dal carcere centrale di Montevideo, dove era in attesa di definizione del suo processo di estradizione verso l’Italia. Nel marzo 2019 il tribunale penale d’appello aveva confermato l’autorizzazione all’estradizione verso l’Italia.

Dalle spiagge della Locride alle rotte mondiali della cocaina

L’ex latitante Rocco Morabito, inserito nell’elenco dei 10 latitanti più pericolosi stilato dal Viminale, è da molti anni ritenuto un pezzo da novanta della 'ndrangheta di Africo, in provincia di Reggio Calabria. Cugino di secondo grado del boss Giuseppe Morabito detto «il Tiraddritto», e imparentato con fratelli Domenico Leo e Giovanni Morabito soprannominati gli «Scassaporte», Tamunga è considerato uno dei più importanti narcotrafficanti internazionali. Il suo profilo criminale gli ha consentito di trascorrere da latitante gran parte della sua vita. La prima volta dal 1994 al 2017 quando è stato catturato in Uruguay, in un hotel di lusso nella località di Punta del Este dove non si faceva mancare nulla: dalla villa con piscina a una Mercedes, passando per 13 cellulari, 12 carte di credito e un passaporto brasiliano intestato a un sedicente imprenditore, Francisco Antonio Capeletto Souza. La sua detenzione, però, ebbe breve durata: appena due anni. Nel 2019 si diede di nuovo alla macchia. Scavando un tunnel, infatti, Morabito riuscì ad evadere dal carcere «Central» di Montevideo, poco prima di essere estradato in Italia dove deve scontare ancora 30 anni di carcere, inflitti dalla Corte d’Appello di Milano, per associazione mafiosa e traffico internazionale di cocaina. Per comprendere il personaggio, però, bisogna fare un salto di 30 anni.

Tra gli anni Ottanta e Novanta scala le gerarchie della 'ndrangheta

Gli Ottanta e i Novanta, infatti, hanno segnato la sua carriera e gli hanno permesso di scalare le gerarchie della 'ndrangheta. Nel 1984, a 17 anni, Tamunga è stato denunciato per interruzione di pubblico servizio. Era il periodo in cui studiava all’università di Messina dove nel 1988 venne pure arrestato, e poi assolto, per minacce a un docente universitario. Stando a una nota dei carabinieri di Bologna, invece, in Emilia gestiva le quote di una società a cui venivano intestate auto e utenze telefoniche in uso agli affiliati alla cosca di Africo. Leo Morabito, suo fratello, è stato ucciso in un attentato nel 1989. L’anno dopo, invece, sempre nella Locride, è toccato a lui subire un agguato dal quale riuscì a uscire senza gravi conseguenze. Qualcuno sparò alla caviglia dell’ex latitante ormai proiettato sempre di più a Milano dove, all’inizio degli anni Novanta, si era ritagliato uno spazio sempre più importante nel traffico internazionale di droga. In quel periodo il giovane partito dalla Locride è entrato in contatto con i narcos sudamericani ma anche con esponenti di primo piano della Camorra. Un giorno, infatti, è stato identificato dalle forze dell’ordine a Baia Domizia di Sessa Aurunca, mentre era in compagnia del boss e narcotrafficante camorrista Alberto Beneduce, detto «A cocaina», trovato poche settimane dopo carbonizzato nel bagagliaio di un’auto.

Processi e manette tra l’Italia e il Sud America

Capace di muoversi dall’Italia al Sud America con estrema facilità, Rocco Morabito, nel luglio 1992, finì in manette ad opera della Polizia di Fortaleza, in Brasile. Rimesso in libertà e tornato in Calabria, nel 1994 venne denunciato per associazione a delinquere prima di darsi latitante e sfuggire a due ordinanze di custodia cautelare emesse dal Tribunale di Milano e a un provvedimento di arresto del gip di Palermo. In Sicilia il processo a suo carico si è concluso nel 2000 con una condanna a 30 anni per traffico di droga, mentre a in Lombardia è stato condannato, nel 2001, a 22 anni di carcere. Altri 10 anni di reclusione, infine, gli sono stati inflitti dalla Corte d’Appello di Reggio Calabria.

Il soprannome del superboss Rocco Morabito: cosa significa Tamunga?

Detto “Tamunga” perché è proprietario di un'auto Munga (foto).

 

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