Aveva un “esercito” di 500 affiliati sparsi in tutta Italia e pronti a eseguire gli ordini del boss, ma Nicolino Grande Aracri poteva contare su una rete di “invisibili” nascosti ovunque, dalle stanze della politica, nel mondo dell’imprenditoria e addirittura in Vaticano. Lui stesso in una intercettazione racconta quali erano le sue priorità: «A me mi servono i cristiani buoni, mi servono… mi servono avvocati, ingegneri, architetti». Dalla sua tavernetta a Cutro, dove gli inquirenti erano riusciti a piazzare una microspia, il boss sarebbe riuscito a gestire i suoi affari, un complesso sistema di riciclaggio dei soldi sporchi. Nel 2015 durante l’inchiesta Kyterion gli investigatori scoprirono un conto corrente con la disponibilità di 200milioni di euro. Emerse anche una afideiussione finalizzata (almeno in un caso) all’aggiudicazione di un appalto milionario, per la costruzione di appartamenti in Algeria».
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