Suscita polemiche l''intervento sul calendario venatorio dell’assessore regionale con delega - tra le altre - alla caccia, Gianluca Gallo. I rappresentanti calabresi di Wwf e Lipu bacchettano l'amministratore. «In una nota emanata dai canali ufficiali della Regione, l'assessore Gallo si è avventurato in un frettoloso, improvvido e a dir poco originale commento della recente sentenza del Tar Calabria», affermano, «sul calendario venatorio 2020/21, dichiarando che la pronuncia “…conferma la bontà del lavoro della Regione…” e che “…ha sancito la piena rispondenza alla normativa vigente del calendario venatorio 2020/2021”».
Gli interrogativi
«Siamo oramai abituati a sentir parlare l’assessore di tutela dell’ambiente e sostenibilità. Ci chiediamo, dunque, visto il tono trionfalistico che accompagna ogni sua esternazione che descrive il suo impegno per “salvaguardare le esigenze del mondo venatorio” se per Gallo la tutela dell’ambiente che a suo dire non è stata pregiudicata “in alcun modo”, quando si parla di fauna selvatica si possa conciliare con il concetto di più fucilate, per più tempo e in più luoghi. Singolare poi come lo stesso faccia sapere soddisfatto che le osservazioni critiche dell’Istituto Superiore per la Protezione Ambientale (Ispra) al calendario venatorio non sono attendibili, preferendo egli chiedere all’oste-cacciatore se il vino-calendario è buono, mentre l’Ispra sa fare solo aceto. Comprendiamo la necessità dell’Assessore di ribadire, ancora una volta, come, aldilà delle parole, la sua esperienza amministrativa sia stata caratterizzata dalla totale assenza di dialogo e confronto, tanto su questioni relative alla tutela della fauna, quanto su argomenti e provvedimenti adottati in ambito di agricoltura e pesca, con le associazioni di protezione ambientale riconosciute, portatrici di interessi diffusi nonché titolari di specifiche conoscenze e competenze».
La tesi smontata
Rammentiamo, tuttavia, all’Assessore Gallo che la “rispondenza alla normativa” del calendario venatorio è smentita dalla stessa attività della Giunta regionale e del suo assessorato che, proprio perché il calendario venatorio non era rispondente alla normativa vigente, si è trovato costretto in fretta e furia, a modificarne numerosi punti del CV con deliberazione del 2 novembre 2020, n. 342».
Il piano faunistico
Per quanto attiene al Piano faunistico venatorio, approvato nel lontano 2003, ricordiamo che la sua funzione è fondamentale al fine di comprendere quale sia lo status della fauna selvatica ai fini di una gestione meno distruttiva e improvvisata delle specie. Il fatto che la sua efficacia oltre la scadenza dei cinque anni (2008) sia sancita da una legge regionale, equivale solo a rispondere alla necessità formale, prevista dalla legge, “che un piano faunistico regionale vi sia” (come precisato dal Tar) ma contrasta fortemente con l’intento del Legislatore nazionale e con la esigenza di tutela sostanziale dell’ambiente e delle specie animali che è primaria e sovraordinata rispetto all’interesse di esercizio dell’attività venatoria. Ad oggi, infatti, in Calabria, alla luce dei Piano vigente, si suppone che la situazione delle specie animali e le caratteristiche del territorio agro-silvo-pastorale siano le medesime di 18 anni fa e la caccia viene autorizzata sulla base di questa supposizione. Il che è quantomeno assurdo. Quanto alla Valutazione d’Incidenza, il Tar ha semplicemente deciso di attendere l’esito di un procedimento attivo dinanzi al Tar Lazio. Dunque, anche in tal caso, il Tar non ha sancito alcuna legittimità dell’opera».