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La trincea dei prof sull’Alta velocità: "No ai palliativi, serve quella reale"

I docenti degli atenei calabresi e siciliani a confronto sui progetti del Recovery

È ormai chiaro che l’Alta velocità - quella vera, con i treni che vanno a 300 km/h - sia uno dei nodi cruciali attraverso cui il Recovery plan può essere o meno decisivo per non spaccare ulteriormente l’Italia in due. La logica dei «Robin Hood alla rovescia», cioè di garantire l’Av solo alle aree più ricche aumentando il divario verso quelle più povere, in Italia non è accettabile secondo i docenti universitari di strade e trasporti di Calabria e Sicilia, che stanno portando avanti studi e proposte affinché il Pnrr preveda misure adeguate - al momento carenti - per rendere moderna, efficiente e sostenibile la rete di strade, ferrovie e porti del Mezzogiorno. La strada da seguire, secondo i docenti universitari, è proprio questa: un’Alta velocità Larg (Lean, Agile, Resilient, Green), che costerebbe «circa la metà dell’Av con merci pesanti e potrebbe far crescere il Pil di un punto differenziale rispetto alle aree non servite, permettendo di individuare la migliore soluzione nell’impatto ambientale con i costi (e quindi i tempi di realizzazione) più bassi, tutto ciò in prospettiva Next Generation e Agenda 2030 Onu».

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